Quel giorno che Mathias atterrò in Piazza Rossa a Mosca

Ci vollero tre tentativi di atterraggio prima di prendere terra sulla piazza Rossa di Mosca, fu accolto dai moscoviti con pane e sale, gesto di benvenuto russo, e poi arrestato, processato e condannato. Era il 28 maggio 1987 quando il diciannovenne pilota tedesco Mathias Rust atterrò con un aereo privato sulla piazza Rossa di una Mosca ancora capitale della CCCP, in piena guerra fredda, riuscendo ad eludere i radar e le difese aeree sovietiche.


Dopo aver raccontato le peripezie alcoliche dell’ex pilota Marine Thomas Fitzpatrick, atterrato trenta anni prima sulla 191° strada di New York per una scommessa tra ubriachi, incontriamo un altro pilota che decise di atterrare in città, addirittura al di là della cortina di ferro. Mathias Rust, che coltivava intenti ben più consapevoli e meritori, decollo’ con un piccolo aereo, un Cessna, preso a noleggio dal piccolo aereoporto di Uetersen in Germania, atterrando dapprima ad Helsinki, e poi, senza permesso, con destinazione Unione Sovietica.
Avevo diciannove anni, la guerra fredda divideva il mondo. Col mio piccolo Cessna decisi di vivere e far volare il mio sogno: un volo dall’Occidente alla Piazza Rossa. Come gesto di pace: un volo come un ponte simbolico tra i due mondi.”

Mathias Rust riuscì a violare lo spazio aereo sovietico, dell’Urss in declino con il suo presidente Gorbaciov che dialogava con il Presidente Usa Ronald Reagan di disarmo e di perestrojka, ristrutturazione. Era però un momento di crisi, il vertice Reagan-Gorbaciov di Rejkyavik era fallito, e Mathias dopo essersi esercitato con voli sull’oceano, voleva dare un segno concreto e clamoroso, per dire ai leader dei due blocchi che la gente, dalle due parti della Cortina di ferro, voleva solo vivere in pace.

Il volo 

Decollato da Helsinki si addentro’ nei cieli dell’Unione Sovietica verso Mosca. Ormai era senza alcun permesso e fuori dalla rotta dichiarata, si tenne a quota relativamente bassa. Sfidò la difesa aerea sovietica e i suoi radar, sorvolando basi missilistiche, raccontò poi che un Mig della Pvo, la temuta difesa aerea sovietica, lo affianco’, poi gli si mise in coda ma non fece fuoco, permettendogli di proseguire indenne. Protagonista di una serie incredibile di fortunate coincidenze, falle ed inefficienze del sistema come fu appurato in seguito. Per via dell’incapacità di reagire al sorvolo illegale, oltre 2000 persone furono licenziate, Gorbaciov estromise addirittura il ministro della difesa Sergej Sokolov e il ministro della difesa aerea Alexander Koldunov, per sostituirli con altri ufficiali meno conservatori e più vicini alla nuova politica della glasnost e della perestroika. Molti altri Ufficiali delle Forze Armate sovietiche vennero poi rimossi e puniti per quella leggerezza, alcuni di loro finirono in Siberia.

Ma intanto Mathias era giunto all’epilogo del suo viaggio, volando a vista arrivò sulla Piazza Rossa orientandosi con la mole del Cremlino e, atterrato, fu circondato da una folla di curiosi.
No, non apparivano ostili. Erano curiosi, sorridevano. ‘Da dove vieni? ‘, mi chiesero in inglese. ‘Da Helsinki’, dissi nervoso. ‘Ma sul timone hai una bandiera tedesca, non finnica… sei un compagno della Ddr?’. ‘No, amici, no. Vengo dalla Repubblica federale, per un gesto di pace’,  una donna mi venne incontro sorridente e mi porse pane e sale, il loro gesto di benvenuto”.

Attese dubbioso Mathias accanto al suo apparecchio, a quel punto non poteva più tornare indietro, ed alla fine arrivò una Tschajka nera, della Milizia di Mosca. Fu portato via. Interrogato.
Poi il processo, e la condanna: 4 anni di campo di lavoro, a Lefortovo, la prigione centrale.


Ma di quei quattro anni, fortunatamente, sconterà solo 14 mesi: infatti, pur minato nello spirito e nel corpo, beneficerà di un’amnistia.

Tornato in Germania, anche là, inaspettatamente, incontrò diffidenza ed ostilità. Trattato alla stregua di un pazzo irresponsabile che aveva messo in pericolo la pace, gli tolsero la licenza di volo, finì sotto inchiesta, ma ne uscì ovviamente indenne, in fondo non aveva fatto nulla di male.
Non rimpiango nulla – dichiarerà a distanza di trent’anni dal suo gesto – un’avventura da giovane incosciente? Forse, ma insisto: a volte anche l’incoscienza giovanile è parte del mondo.”

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