Trump: “Se necessario taglieremo i voli con l’Italia”

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Trump lo dice quasi alla fine di una lunga conferenza stampa alla Casa Bianca sul coronavirus, quando è già notte in Italia. «Abbiamo già intensificato i controlli sulle persone che arrivano da Paesi dove il virus si è diffuso. Certo l’Italia è un problema. Faremo controlli…». Poi il presidente si volta verso gli esperti schierati alle sue spalle: «Vedremo, se è necessario a un certo punto dovremo anche “tagliare” (“cut off”), come abbiamo fatto con la Cina». Il riferimento è ai collegamenti aerei interrotti quasi subito con le città cinesi, proprio per prevenire l’importazione dell’epidemia.

Dunque anche i viaggiatori provenienti dall’Italia rischiano di essere “tagliati fuori” dagli aeroporti americani. Nulla di ufficiale, sia chiaro, però la possibilità è allo studio. Così come Trump ha consigliato agli americani che devono programmare le vacanze «di starsene a casa per un po’» e di evitare «sicuramente la Cina» e «altri Stati alle prese con il virus». La sensazione è che il leader della Casa Bianca, come spesso gli capita, sia andato oltre lo schema di comunicazione previsto. Ha parlato per quasi un’ora cercando di minimizzare l’emergenza: «Siamo a un livello molto basso di allerta. Abbiamo registrato solo 15 casi e tutti i pazienti sono quasi tutti guariti».

Il presidente ha anche contraddetto Nancy Messonier, direttrice del National Center for Immunization and Respiratory Diseases, l’agenzia di Atlanta specializzata nel contrasto alle malattie infettive, che ieri 25 febbraio aveva commentato con i giornalisti : «Non è un problema di se, ma di quando l’epidemia di coronavirus esploderà negli Stati Uniti» . Per Trump, invece, «non c’è nulla di inevitabile; ci potrà essere una forma più severa o più lieve. Noi comunque siamo preparati a qualunque evenienza». L’evoluzione del contagio sarà seguita dal «team di scienziati migliore del mondo», con il coordinamento del vice presidente Mike Pence.

Sono all’esame misure drastiche: chiusura delle scuole, telelavoro, e soprattutto sospensione dei «raduni di folla» che significherebbe far saltare i comizi della campagna elettorale in corso. Le strutture sanitarie si stanno attrezzando. Per ora sono solo 12 gli Stati americani e i dipartimenti territoriali in grado di eseguire i test sui campioni prelevati dai pazienti. L’allarme, però, si sta diffondendo nel Paese. London Breed, sindaco di San Francisco, ha dichiarato «lo stato di emergenza» nella città californiana.

E al di là delle parole di Trump, ci sono già i primi rimbalzi che toccano l’Italia. Cinque università hanno cancellato i programmi nelle nostre città. Centinaia di studenti statunitensi della New York. Anche la Florida International University ha annullato cicli di formazione in Italia, oltre che in Giappone e Corea del Sud. Sul sito della Cdc, c’è un capitolo dedicato in modo specifico ai viaggiatori di rientro dalla Penisola: per il momento si suggeriscono solo misure volontarie di prevenzione. Il Dipartimento di Stato consiglia «di aumentare la cautela» a chi vuole partire per il nostro Paese. Ma il «Travel Advisory» resta stabile al livello 2, ancora un gradino al di sotto del consiglio: «Riconsiderate l’idea di andarci».

Intanto a Orlando, la direzione del parco Disney World ha deciso di mettere in quarantena sei dipendenti italiani di rientro da Milano. Ma per ora neanche sull’emergenza Covid-19 la politica americana riesce a trovare un accordo minimo. Trump, in realtà, teme di giocarsi addirittura la rielezione, visto che il rischio di recessione fa parte del novero delle possibilità. Al Congresso si litiga anche sui fondi, con esiti paradossali. L’amministrazione chiede 1 miliardo e 250 milioni di dollari. Come dire: niente panico, abbiamo già quello che ci occorre. L’opposizione democratica ne vuole stanziare 8,5 miliardi, con un messaggio esplicito: il governo Trump è in grave ritardo su tutti i fronti, tocca a noi mettere in sicurezza gli americani.

Giuseppe Sarcina per www.corriere.it

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