Mi dimetto da umano

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Illustre Padreterno, in data odierna rassegno ufficialmente le dimissioni da persona umana. La decisione, sofferta ma assai meditata, è maturata leggendo su una rivista scientifica che grazie ai progressi della genetica i genitori possono decidere come vogliono i figli. Per cominciare il sesso dei figli può essere liberamente scelto. Col tempo, si apprende, sarà possibile decidere anche il quoziente d’intelligenza del nascituro che presumo tutti vorranno alto, per quanto l’imbecillità di solito faccia vivere meglio; decidere il colore e il taglio degli occhi, che un tempo erano le finestre dell’anima e oggi sono gli sportelli del business; i capelli, il fisico e persino il carattere del nascituro che potrà essere allegro, estroverso piuttosto che triste e depresso.

Immagino che i questionari saranno riempiti, salvo committenti contorti e masochisti, al 99 per cento allo stesso modo. Il che produrrà una figliolanza standard: tutti noiosamente belli, alti, giulivi e intelligenti, ottimisti di carattere. Insomma perché vivere, lavorare, sposare una anziché l’altra, se puoi già comprare apriori il pacchetto-esistenza tutto incluso. Quel che si va delineando sarà pure un mondo migliore del nostro, ma ha un solo difetto: non è il mondo degli umani da cui derivo e in cui sono cresciuto e ho figliato.

Siamo antiquati

Siamo antiquati, come dice Gunther Anders; superati. Noi umani nascevamo così, diversi e assortiti, a volte ridicoli. Penso ai potenziali nascituri su ordinazione, su cui i genitori esercitano un potere assoluto, disponendo della loro vita e dei loro caratteri; e dire che deprecavano l’educazione repressiva, il paternalismo autoritario, l’ingerenza soffocante delle madri… ora è peggio, i figli si possono commissionare, te li porta Amazon…

Il disegno è liberarsi della natura, autocrearsi, rendere superflua la creazione. Penso infatti che a dimettermi non dovrei essere solo io, Illustre Padreterno…

Rassegnando le dimissioni sento tuttavia il dovere di ringraziare chi mi ha messo al mondo, non per il dono della vita ‒ non so se sia un dono o una punizione, una via di mezzo o nulla, non ho termini di paragone ‒ ma per il dono della noncuranza: mi avete gettato nel mondo, per dirla con Heidegger, senza curarvi di come io sia nato, adone o scarrafone. Mi donaste l’imperfezione, la differenza, l’imprevisto, che ha dato sapore alla mia esistenza. Avrei preferito essere diverso in tante cose, ma non avrei mai voluto essere programmato e prestabilito; perché non sono un razzo ma un umano, figlio di umani e padre di umani. Mi tengo tutte le mie imperfezioni e la perfezione, egregio Padreterno, la lascio solo a Lei.

 

 

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