XX settembre 1870: La Breccia di Porta Pia. Ma oggi?

Breccia di porta pia

Breccia di Porta Pia -Oggi si celebra, anzi si dovrebbe celebrare un evento fondamentale per la nostra patria: l’annessione di Roma al Regno d’Italia. In effetti il XX settembre, una data fondamentale del Risorgimento, è sempre stata festa nazionale, fino alla firma dei Patti Lateranensi nel 1930.

Mi chiedo se sia possibile paragonare il risorgimento ai giorni d’oggi. Certamente il momento storico è completamente diverso e fare un parallelismo è un esercizio mentale di una certa difficoltà. Forse pure inutile, sotto certi aspetti.

Quello che vedo, e con preoccupazione, non sono tanto le differenze del periodo di riferimento, ma la differenza degli uomini che compongono la nostra popolazione.

Siamo passati da personaggi del calibro di Mazzini, Garibaldi, Cavour, Bixio a… meglio soprassedere.

Si urlava a Calatafimi: qui si fa l’Italia, o si muore! C’erano i moti carbonari. C’era voglia di identità nazionale, di una patria per cui vivere, di una bandiera per cui morire.

Ed oggi? Possiamo ragionare per assurdo e paragonare ciò che successe a quel tempo con la voglia di un’unità sovranazionale come l’Europa? Forse nell’isola immaginaria di Utopia di Tommaso Moro, forse in un’accezione estremamente romantica del concetto. Ma non credo proprio che possa accadere nella realtà. Noi, gli uomini, i cittadini, i patrioti, non siamo neanche lontani parenti dagli eroi risorgimentali.

Non ci rendiamo conto che pur di stare al tavolo dei potenti, siamo disposti a mortificarci. Siamo la settima potenza mondiale. La seconda in Europa come manifattura. La terza come agricoltura. Ma soffriamo di un complesso di inferiorità drammatico. Vogliamo stare nel salotto buono, ma non abbiamo il coraggio di sederci sul divano assieme a Francia e Germania. Anzi, stiamo in piedi, vicino alla porta, e magari come dei bravi maggiordomi, la apriamo per fare entrare gli altri partecipanti, sicuramente meno importanti di noi.

Il grande Indro Montanelli sosteneva che gli italiani sono i migliori al mondo a fare lavori servili, e che hanno la capacità camaleontica di adattarsi alle altre popolazioni. Al punto di perdere la propria identità.

Copriamo le nudità dei nostri capolavori artistici, per non insultare i nostri ospiti. Eliminiamo il Natale dalle scuole per i bambini non cristiani, distruggiamo il nostro passato per accontentare lo straniero. Noi, gli stessi italiani che hanno combattuto sul Piave!

Siamo, come è giusto, una popolazione che ha voglia di futuro. Ma come possiamo costruire un futuro solido se non conosciamo, anzi (orrore!) distruggiamo il nostro passato?

Ci stiamo talmente annichilendo per far contento chiunque, che non saremo nemmeno più in grado di chiamarci italiani.

L’Europa impone, noi chiniamo la testa

L’Europa impone e noi ubbidiamo. Altrimenti, come diceva nel suo discorso alla Nazione il Presidente Mattarella, l’economia europea ci punirebbe. Poveri noi! Una vita da subordinati ci sta aspettando. Comoda, senza rischi se vogliamo, ma totalmente vuota.

Ci impongono di accogliere tutti quelli che arrivano quando: la Francia, l’illuminata Francia, pur di respingere i migranti, invade il territorio sovrano della Repubblica Italiana con i propri armigeri a Ventimiglia. Quando la Spagna, la Spagna del partito socialista operaio, accoglie una tantum un barcone e usa il bastone; per non parlare delle recinzioni a Gibilterra. Quando la Germania, la gloriosa Germania paladina dell’Europa, dichiara di voler buttar fuori gli Italiani che non hanno lavoro. Non parliamo dell’Austria. Però i razzisti siamo noi. E noi non solo non protestiamo, ma diciamo pure che hanno ragione.

L’Europa ci impone di aprire, di eliminare i nostri confini. Ma loro invece li chiudono. E noi ci mortifichiamo, chiniamo la testa, perdiamo la nostra identità nazionale per paura che ci mettano sul pianerottolo. Quando non abbiamo ancora capito che l’Europa, senza di noi, senza gli italiani, non esisterebbe.

A me non fa paura lo straniero. A me fa paura l’italiano, che non ricorda più chi era per cercare di andare dove, se non fosse un vero italiano, non lo vorrebbero più.

 

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