Vannacci e “il mondo al contrario” (ma organizzato)
Fa politica ma poi dice di non farla. Ci sono i fondi del movimento, ma non un partito.
Tutto chiaro?
Forse non proprio. In Italia anche il concetto di “non partito” è diventato una forma politica. Roberto Vannacci lo ha spiegato meglio di qualunque manuale universitario. Il partito non si fonda, ma che importa? Si fa ugualmente politica, sotto la forma di un movimento, ma solo rigorosamente “culturale”.
Insomma, Vannacci diventa artefice de “il mondo al contrario” in politica, giusto appunto
E dribbla la domanda che tormenta giornalisti, militanti e persino qualche dirigente della Lega. Il generale avrà un suo partito?
La risposta di Vannacci è netta come un ordine militare. “No, nessun partito”. Manca solo la mimetica al seggio.
A voler prendere sul serio la smentita, la guerra quindi si pone su un piano culturale.
Poi però arrivano i fatti, e i fatti, si sa, sono più chiari dei comunicati.
Il movimento “culturale” di Vannacci di fatto somiglia a un partito vero e proprio.
Nasce come movimento culturale, poi diventa associazione politica, con tanto di assemblee, deleghe, manifesto e referendum interno
Tutto come qualsiasi partito tranne una cosa. Non si chiama “partito”.
Il trucco linguistico ricorda certi contratti di affitto mascherati da “comodato d’uso” quando vuoi pagare meno tasse. Il contenuto è il medesimo ma cambia l’etichetta.
“Nel mondo al contrario” interno alla Lega esiste poi la macchina organizzativa. Il movimento di Vannacci conta in Italia 170 comitati locali, con l’obiettivo dichiarato di arrivare a 200.
Vengono chiamati “teams”, come se fosse un talent show
Ogni team ha un referente, un programma condiviso e una linea politica da seguire. Non per forza seguendo le direttive del generale, ma in ordine sparso.
Risulta quindi ufficialmente un movimento “culturale”, però produce linee identitarie sull’immigrazione, sulla scuola, sull’ordine pubblico. Insomma, non è un partito ma ha un programma pronto per essere presentato in ogni tornata elettorale.
Si palesa come un movimento “non competitivo”, ma i suoi membri potrebbero candidarsi alle prossime elezioni.
Dove?
Preferibilmente nella Lega, ma non è obbligatorio.
Quando Salvini lo portò nel partito come assorbente elettorale ad alto impatto mediatico, Vannacci sembrava l’asso nella manica. Popolare, spigoloso, identitario, utile alla propaganda. Poi è successo quello che in Italia succede dai tempi della DC. il personaggio ha iniziato a credere di essere più grande del palco che lo ospita.
Ora la Lega si ritrova con un ospite di lusso che occupa il salotto
Alcuni dirigenti hanno già cominciato a chiedersi chi gli ha dato le chiavi della Lega e perché le sta copiando.
Salvini è in una posizione delicata. Se lo difende, sembra dipendente dal generale. Se lo scarica, tradisce la sua creatura mediatica. Se lo ignora, rischia che il movimento si “autonomizzi”. Così, per ora, ha scelto la terza via, quella di
far finta che sia tutto sotto controllo.
Ogni tanto lo difende, ogni tanto prende le distanze, ogni tanto sorride come chi dice “più avanti vedremo”
È la stessa tecnica usata da chi non vuole sposarsi, ma lascia la valigia nell’ingresso. E ha nel pianerottolo pure l’amante.
E dentro la Lega? Il problema non è cosa fa Vannacci, ma quanto spazio occupa. Nei territori, alcuni leghisti mugugnano: “Se abbiamo i teams del generale, noi cosa siamo, la riserva?
”La sensazione è che il partito del futuro, dentro la Lega, abbia due anime, una storica, territoriale, amministrativa e l’altra social, muscolare, trascinata dai comitati “al contrario”.
Chi vincerà?
Nessuno lo sa. Ma il solo fatto di chiederselo è già sintomo di un’infezione politica.
Oggi Vannacci dice di essere ben saldo sopra il carroccio e di guidarlo pure. Partito quindi “No.”
Ma la sua struttura è lì, pronta, a portata di mano. Movimento, programma, comitati, team, candidati.
Se domani rompesse con la Lega, basterebbe solo aggiungere un logo (già pronto), un nome (già pronto), un programma politico (già pronto).
Cosa possiamo aspettarci nel futuro leghista?
Il matrimonio di convenienza potrebbe continuare. Vannacci in questo caso rimane nella Lega. La Lega lo lascia crescere. I comitati diventano serbatoi di voti. Salvini tiene il cappello, il generale tiene la folla. Funziona finché conviene.
Pero’ i due potrebbero divorziare consensualmente se i teams diventano troppo forti o i dirigenti troppo nervosi. La separazione potrebbe essere “senza rancore”.
L’ultimo scenario quello più probabile è dei separati in casa
Nessuno rompe, nessuno ammette, nessuno chiarisce. Si vive insieme, ma ci si ignora nei corridoi.
Ci saranno foto sorridenti, ma con i pugni nelle tasche.
Roberto Vannacci non ha un partito. Lo dice lui con forza. Lo ribadisce con vigore. Lo giura. Ma ha i comitati, ha le assemblee, ha la linea politica, ha i candidati, ha un marchio. Non è un “partito”. E’ solo l’idea di un partito che sta studiando come diventarlo.
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