Il Papa, la Pioggia, Piazza S. Pietro deserta

Coronavirus - da Piazza San Pietro una luce di speranza

Vaticano

Un’immagine spettrale, a tratti inquietante, ma pur sempre inedita. La Benedizione Urbi et Orbi da Piazza San Pietro è stata celebrata nello stesso momento in cui la protezione civile ci dava conto di un’altra giornata tragica. Un momento storicamente importante e spiritualmente significativo. Senza divagare in analisi teologiche inopportune, ciò che vogliamo stigmatizzare è l’importanza di un gesto profondo dinnanzi ad una tragedia di proporzioni bibliche.

La pandemia del Coronavirus è un fenomeno inedito nella storia dell’uomo.

Ci ha travolti tutti, senza distinguere i confini nazionali. Il Papa, inteso come leader spirituale, è l’unica figura che ha già vissuto momenti simili (la Peste), pregando per la salvezza dell’umanità. A differenza di quanto tanti pensano, egli rappresenta la fede più diffusa al mondo (2,5 miliardi di persone, nelle varie declinazioni del Cristianesimo).

Oggi, a pochi minuti dall’ufficialità che abbiamo avuto oltre 900 vittime di Covid-19 in Italia nelle scorse 24 ore, i telespettatori hanno avuto modo di partecipare in diretta ad un momento di assoluta grandezza, anche per coloro che credenti non sono.

Questo Papa, di bianco vestito, che si innalza al centro di una piazza S. Pietro cupa e tenebrosa, si eleva come una pedina solitaria in uno scacchiere infinito. Egli ci ha fatto capire quanto siamo piccoli, noi uomini, dinnanzi ai fenomeni naturali. Tuttavia, le sue parole, il suo richiamo a non perdere la fede nella speranza di uscire dalla tormenta, hanno reso onore alla grandezza dell’umanità dinnanzi alle avversità.

Papa Francesco è il simbolo dell’umanità che si unisce in una speranza – in un’invocazione – affinché la tragedia finisca, mentre sta ancora imperversando. Imperversando come la pioggia incessante che batte sui sanpietrini, in una Roma tetra come noi mai. La piazza è deserta, ma non vuota. L’Italia, ed il mondo, sono incollate agli schermi con Lui.

Non è un virologo, né un epidemiologo, e tanto meno uno pneumologo. È un simbolo di un mondo che non si arrende e che combatte la sua partita più importante.

Neanche i migliori sceneggiatori hollywoodiani sarebbero riusciti ad immaginare una scena così suggestiva e dirompente. Questo Papa che parla alla piazza desolata, con ai bordi il lampeggiare blu delle gazzelle dei Carabinieri che presidiano l’interno perimetro.

Si è sempre detto, scherzosamente, che ci sarebbe voluto un attacco alieno per unire l’umanità. Chi mai avrebbe pensato che quell’alieno sarebbe stato un invisibile molecola di DNA. Non ci attacca dai cieli con esplosioni o raggi laser, ma si annida nei nostri stessi simili, silenziosamente, pronto a contagiarci.

In attesa che i nostri eserciti in camice e mascherina riescano a far girare la ruota a nostro favore, siamo costretti ad attendere e sperare che tutto finisca al più presto.

In tutto ciò – il sovrano del più piccolo Stato del pianeta, ma leader della Fede più numerosa – che si erige solo sotto la pioggia sarà una delle immagini epocali del nostro tempo.

Da oggi, forse, siamo tutti più uniti. L’umanità che si unisce, contro un nemico invisibile.   

 

 

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