Tragedia sommergibile indonesiano: considerazioni di un sommergibilista

sommergibile

Oggi purtroppo, stiamo assistendo a una nuova tragedia che colpisce un altro sommergibile. Questa volta è stata la Marina indonesiana ad annunciare la perdita di contatto col battello KRI Nanggala 402 della Classe Cakra, con a bordo un equipaggio di 53 persone, nel corso di una esercitazione di lancio reale di un siluro.

Molti ricorderanno l’incidente del sommergibile russo Kursk nel 2000 e la morte dei suoi 118 membri dell’equipaggio, a seguito dell’esplosione al suo interno di un siluro nel corso di una esercitazione nel mar di Barents. È considerato il più grave incidente di sommergibile in tempo di pace. A inizio 2003, il sottomarino cinese Changcheng 361 – costruito a seguito di un progetto degli anni ’70 – ha avuto un problema meccanico, causando la morte di tutti i 70 membri dell’equipaggio.

Le speranze sono pochissime

Più di recente, la notizia dell’incidente nel 2017 del sommergibile argentino ARA San Juan ha tenuto col fiato sospeso le famiglie e l’opinione pubblica argentina per settimane, fino alla comunicazione ufficiale che non vi erano superstiti. Il battello è stato localizzato un anno dopo sul fondale a 800 metri.

Dalle informazioni disponibili In questo momento, il battello potrebbe trovarsi su un fondale di circa 700 metri, mentre la sua resistenza strutturale è teoricamente garantita sino a 500 metri (250×2) circa. Purtroppo, già questo dato è significativo delle poche, se non nulle possibilità, di trovare qualcuno in vita.

Ma ammettendo che lo scafo, e i passaggi a scafo abbiano resistito, la sopravvivenza di un equipaggio è condizionata dal rapido decadimento della qualità dell’aria a bordo, assieme al problema della temperatura all’interno che scende velocemente provocando l’ipotermia. Da aggiungere che localizzare un sommergibile sul fondo del mare non è un’impresa facile, né semplice. Al momento le cause dell’incidente sono solo ipotizzabili, ed avere la certezza di ciò che è successo – se mai fattibile – sarà un percorso molto lungo, complesso e costoso.

Come ex sommergibilista prego per un miracolo, ma le speranze sono obiettivamente pochissime.

Questa nuova tragedia tuttavia deve far riflettere e vorrei condividere alcune considerazioni, che magari possano contribuire ad evitare il ripetersi di eventi simili in futuro.

Una mia foto da sommergibilista

Tre considerazioni

La prima considerazione che vorrei fare riguarda l’età del sommergibile:  Il battello indonesiano è stato costruito in Germania nel 1977 e consegnato nel 1981, più di 40 anni fa. E i lavori di ammodernamento sono stati fatti in Corea del Sud dal 2009 al 2012. Invero, anche il sommergibile argentino ARA San Juan era stato costruito a inizio degli anni ’80.

Gli esorbitanti costi dei sommergibili convenzionali (400/500 milioni di euro almeno) impediscono a molte marine da “green water” di concretizzare programmi di acquisizione di nuovi battelli, ed il risultato è spesso quello di utilizzarli ben oltre i limiti tecnici – e del buon senso – pur di mantenere l’importante effetto deterrente e la superiorità strategica in una determinata area, che deriva dalla componente subacquea.

La seconda riguarda le apparecchiature e componenti di bordo; (es. valvole, passaggi o penetratori a scafo) sino ai siluri. Apparecchiature spesso vetuste che non garantiscono le prestazioni, la sicurezza e l’affidabilità dei sistemi moderni. Il binomio moderni sistemi e corretta manutenzione è imprescindibile per garantire la sicurezza dei battelli.

La terza riguarda l’addestramento, e la necessità che ogni Marina abbia in servizio mezzi moderni per soccorrere velocemente un sommergibile sinistrato; nel caso fosse possibile. È fondamentale che vengano effettuate periodicamente esercitazioni nazionali e internazionali. Esse dovrebbero simulare la fuoriuscita e il recupero da sommergibile affondato dell’equipaggio; attraverso sistemi come la campane McCann, o i più moderni veicoli di soccorso ROV filoguidati (remote operated vehicles). E in questi settori le industrie italiane della subacquea sono all’avanguardia.

 

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