Reportage /2: la Siria del 2019 raccontata da un volontario

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20 agosto 2019, sveglia presto, si parte per la visita di Damasco, chi del gruppo è alla sua prima volta in Siria freme per conoscerne il tessuto sociale. La Capitale si presenta in ottime condizioni, la gente in strada svolge le proprie normali attività, vedendola così sembra che la guerra di qui non sia mai passata. Ovviamente stiamo parlando dei quartieri del centro in cui non si è combattuto direttamente, basterebbe spostarsi di pochi km per trovare intere zone completamente distrutte dall’occupazione islamista,con palazzi scheletrici e cumuli di macerie, la guerra genera anche tremendi contrasti.

 

La prima è una visita inedita anche per me, nonostante dall’inizio del conflitto sia stato a Damasco numerosissime volte, si tratta del Museo Nazionale siriano, riaperto solo pochi mesi fa, dopo la definitiva liberazione della la periferia est della Capitale. Le autorità siriane hanno dovuto chiuderlo per 6 anni, svuotandolo completamente al fine di mettere al sicuro i reperti da eventuali attacchi. Adesso questo grande patrimonio è tornato al proprio posto, fosse finito in mano ai ribelli sarebbe stato irrimediabilmente perduto, dato che il saccheggio a fini di commercio di manufatti e antichità è stata una delle principali fonti di finanziamento per i terroristi.

Il Governo siriano è riuscito a mettere in salvo circa 300.000 reperti provenienti dalle principali aree archeologiche del Paese, con tristezza apprendiamo che nonostante questo immane sforzo, i terroristi sono riusciti a trafugarne moltissimi, buona parte dei quali rivenduti sul mercato nero europeo. Addirittura si sono verificati episodi di volenterosi cittadini siriani, frequentatori di case d’asta, che hanno riconosciuto e ricomprato reperti trafugati dalla Siria per riconsegnarli in Patria a siti e musei. La tristezza diventa rabbia quando ci dicono che in due occasioni questo si è reso necessario anche in Italia.

La seconda tappa della giornata prevista è al mausoleo dedicato al Milite Ignoto, arriviamo in rigoroso silenzio com’è giusto che sia quando ci si pone al cospetto di chi si è sacrificato per la propria Patria, la potenza sacrale del luogo si percepisce immediatamente. Ci accoglie un ufficiale dell’esercito siriano spiegandoci la storia di questo maestoso sacrario, eretto a partire dal 1970 su una collina che domina la città e quindi visibile da ogni quartiere. “Non considerate coloro che sono stati uccisi sulla strada di Dio come morti. Anzi, essi vivono, trovando il loro sostentamento in presenza del Signore”, dice la grande scritta impressa sul monumento. Al suo interno le sale sono tirate a lucido, in quella principale ci sono alcune rappresentazioni delle battaglie più significative per la storia dei popoli arabi. All’esterno l’area è vastissima, il curatissimo giardino circostante è sconfinato. La cura con cui è tenuto dimostra l’importanza che viene data in Siria al culto dei Martiri.

 

Pensate che il 18 marzo 2010, ovvero meno di un anno prima dall’inizio della guerra, qui era venuto a rendere omaggio ai Caduti siriani anche Giorgio Napolitano, nell’ambito di una sua visita volta a consolidare ulteriormente gli ottimi rapporti che intercorrevano tra i nostri due Paesi. L’ex Presidente della Repubblica italiana in quell’occasione aveva anche insignito il Presidente della Repubblica Araba di Siria, Bashar al-Assad, di una delle più alte onoreficienze previste dalla nostra Repubblica: quella di “Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone al merito della Repubblica Italiana”. Napolitano in quell’occasione si rivolse così ad Assad: “esprimo apprezzamento per l’esempio di laicità e apertura che la Siria offre in Medio Oriente e per la tutela delle libertà assicurate alle comunità cristiane qui residenti – per poi concludere con – esprimo i miei più sentiti voti per il benessere suo personale e della Signora Asma”.

Rileggere oggi queste dichiarazioni, da italiano, è umiliante. Solo un anno dopo, in seguito all’inizio dell’aggressione terroristica contro la Siria avvenuta il 15 marzo 2011, l’Italia rinnegò tutto e decise di abbandonare l’alleato siriano per seguire servilmente il volere di Stati Uniti e Unione Europea, impegnati a sostenere i ribelli islamisti responsabili della devastazione di una Nazione che verso l’Italia aveva sempre dimostrato lealtà ed amicizia. Una scelta che, anche volendola vedere in chiave meramente economica, è risultata essere favorevole agli interessi di Usa, Gb e Francia ma nettamente contraria ai nostri. 

Con l’arrivo del Governo Monti poi la la tragedia si trasforma in farsa, la dignità dell’Italia viene definitivamente svenduta con la complicità bipartisan di centrodestra e centrosinistra: il Parlamento chiede che l’onoreficienza conferita due anni prima a Bashar al-Assad venga revocata e così accade. Il Presidente siriano, dopo dieci anni di ottime relazioni, viene unilateralmente dichiarato un nemico. Questo ulteriore provvedimento completa il cerchio, la vicenda diventa una delle nostre più indecorose manifestazioni di sudditanza ai giochi imperialisti degli statunitensi. Oggi, sette anni dopo, il consenso ampissimo di cui il Presidente Assad continua a godere presso il proprio popolo, certifica il disastro politico di cui si sono resi responsabili tutti coloro che si sono succeduti al Governo italiano, nessuno dei quali sufficientemente coraggioso da riportare l’Italia sui propri passi.

Lasciamo il Monumento ai Caduti decisamente commossi, qui si impara il valore spirituale del sacrificio: “in Siria i Martiri della Patria sono sopra ai Santi” ci dicono fieri alcuni soldati di picchetto mentre ci raccontano le storie dei loro commilitoni caduti per la libertà. Noi rendiamo omaggio restando in silenzio, poi ripartiamo per il centro città.

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