Renzi, Nardella e la solitudine dei numeri primi *(prima parte)

Renzi e Nardella hanno immaginato di vivere giorni di luce invece le ombre della realtà si allungano minacciose su entrambi

Settimana strana quella appena trascorsa per Matteo Renzi e Dario Nardella: i due, accomunati dal ruolo di Sindaco di Firenze – lasciato dal primo nelle mani del secondo in qualità di suo proconsole, hanno immaginato di vivere giorni di di luce…invece le ombre della realtà si allungano minacciose su entrambi.

Le occasioni di vetrina non mancavano di certo e i nostri eroi, seppur apparentemente divisi dalla permanenza di Nardella nel PD, credevano di poterne approfittare in contemporanea, ma quelle stesse vetrine si sono dimostrate delle trappole. Con l’aggravante che nessun avversario ha cospirato contro, anzi…hanno fatto flop con le proprie mani.

Renzi aveva in programma due momenti mediatici di notevole impatto: il dibattito televisivo con Salvini, da lui stesso richiesto, e la kermesse “Leopolda 10“, quest’anno trasformatasi nel parto ufficiale del nuovo movimento “Italia Viva“.

Nell’incontro con l’altro Matteo l’uomo di Rignano ha fatto un solo errore, ma determinante: considerare il talk show di Porta a Porta come un incontro pre-elettorale, quando invece in palio non c’era alcun consenso. Mutuando i termini calcistici si giocava per lo spettacolo, poco più di un amichevole. Salvini l’ha compreso ed ha usato toni pacati, propositivi, concreti ma semplici, arrivando all’orecchio di chiunque; Renzi no, ha preferito considerarlo un match di cartello, ha vissuto lo studio televisivo come un ring su cui aggredire ed insultare l’avversario, sproloquiando su mille temi a ruota libera senza affermare nulla di veramente tangibile, riempiendo le chiacchiere ‘alla fiorentina’ con riferimenti banali ed ormai logori quali il Papeete, i mojito, i 49 milioni di debito della precedente gestione amministrativa leghista etc…

Tutte polemiche politiciste e/o da giornalista investigativo, più che temi da leader politico quale l’ex premier si ritiene essere. Molto deludente, o forse no…dipende dalla considerazione e dalle aspettative che il suo bizzarro percorso politico possa suscitare.

Nel weekend fiorentino, presso quella Stazione Leopolda dove aveva illuso più di qualcuno in passato con parole magiche come rottamazione e meritocrazia (rivelatesi spot di un prodotto mai messo sul mercato), lo scissionista ex dem avrebbe dovuto prendersi la scena e creare lo show di lancio per la sua nuova creatura politica, di cui si vocifera da circa 10 anni.

La montagna ha partorito il topolino: l’emblema del movimento non è particolarmente attraente, accostato addirittura al logo di un prodotto di pulizia intima femminile, il che forse può far involontariamente associare un’immagine di freschezza, ma non di particolare incisività. In aggiunta molti degli interventi sono sembrati più in sintonia con le forze di opposizione che con quelle di governo, che in teoria Renzi & C. dovrebbero sostenere. Ad esempio la dichiarazione dell’ex sottosegretario Boschi riguardo al Partito Democratico  (“il partito delle tasse”) ha creato non pochi imbarazzi, considerato che il riferimento era alla forza politica in cui aveva militato per anni, fino a poche settimane prima. Lo stesso leader è dovuto intervenire, salvo rilanciare tramite un’offerta ai “delusi di Forza Italia”, che connota una ricerca disperata di consenso, visto che i primi sondaggi non sono certo incoraggianti, per quanto possano valere. 

Insomma Renzi tuona contro il governo che più di tutti si è adoperato a creare, anche mediante una feroce ed antipopolare critica a “Quota 100”, misura su cui il M5S non vuol saperne di cedere. È piuttosto scoperto e, come al solito spregiudicato, l’orizzonte renziano: mantenere in vita la legislatura ma far di tutto per fiaccare Conte, con l’obiettivo di sostituirlo acon Palazzo Chigi con altra figura più gradita, se non con se stesso. L’aver rivendicato con inopportuno orgoglio l’operazione “di palazzo” per comporre la nuova maggioranza giallo-rossa, salvo poi bombardarla tutti i giorni dopo essere uscito dal suo partito di appartenenza, stona con l’immagine di ‘homo novus’ che Matteo Renzi tenta invano di costruirsi da quando era presidente della Provincia di Firenze: le tappe della sua vicenda politica ci rimandano ogni volta l’idea di un romanzo che non potrà mai assurgere alla dimensione storica, perché lungi dall’essere divenuto parte della realtà è rimasto soltanto una splendida finzione. In politica contano sì le parole, ma molto di più i fatti.

Continua…


Leggi anche: https://www.adhocnews.it/renzi-nardella-e-la-solitudine-dei-numeri-primi-seconda-parte/

www.facebook.com/adhocnewsitalia

www.youtube.com/adhoc

Tweet di ‎@adhoc_news

SEGUICI SU GOOGLE NEWS: NEWS.GOOGLE.IT

Exit mobile version