Radici mitologiche della stella d’ Italia e del culto della Vergine Madre

Radici mitologiche della stella d’ Italia e del culto della Vergine Madre
La penisola Italiana è da sempre stata identificata come terra sotto la protezione della dea Venere o perlomeno vista come penisola sotto la sua influenza. Il primo tempio dedicato a Venere in Italia, secondo il mito, fu eretto ad Erice, dove fu sepolto in seguito il principe dardanide Anchise che aveva amato la stessa Venere ed era deceduto nella città che oggi si chiama Trapani e sepolto ad Erice nei pressi del tempio della dea da lui amata.

Anchise, è un personaggio mitologico che rappresenta la difesa della tradizione della stirpe e la sua continuità dopo il trauma subìto dalla sconfitta. Secondo l’Eneide, il culto di Venere, da Erice si sarebbe in seguito diffuso in tutta Italia, infatti non sarebbe stata una divinità originaria degli italici. Secondo Virgilio, gli ericini sarebbero stati anch’essi di origine troiana, profughi dalla guerra devastatrice

La teoria sarebbe confermata anche dallo storico Tucidide. In effetti i trapanesi sarebbero i discendenti degli antichi Elimi che non sarebbero discendenti né dei Greci, né dei  Siculi, né dei Sicani, probabilmente sono la progenie di stanziamenti indoeuropei anatolici. In Grecia la nostra penisola era denominata Esperia. Prendeva il nome dalla stella che brillava per prima al crepuscolo perché la nostra penisola è ad Occidente rispetto alla Grecia e di conseguenza era vista come la terra del tramonto e identificata sotto il segno di Venere. Espero infatti sarebbe la luce emanata da Venere. Questa sarebbe l’origine della stella famoso simbolo d’Italia che ancora oggi i nostri militari portano sulle mostrine,  il simbolo da sempre del nostro Paese.

Inoltre la stessa gens Iulia, la stirpe che dette i primi imperatori Romani, riteneva di essere discendente diretta da Romolo, il fondatore della città e di conseguenza dallo stesso Enea il figlio di Venere

Infatti in una famosa statua raffigurante il primo Imperatore Ottaviano Augusto, della gens Julia, in cui è raffigurato con la Iorica decorata, osserviamo Eros, dio del desiderio, ai piedi della raffigurazione perché il dio sarebbe stato concepito lo stesso giorno della nascita di Venere.
Il poeta romano Ovidio, scrive a proposito di Venere: “Certo ella è la più degna, regge l’intero universo e non è il suo potere minore a quello di altri dei”. Infatti i Romani ritenevano Venere, madre di Roma. Ma Roma aveva anche un’altra importante divinità protettrice. Nel 204 a.C. i Romani, coinvolti nella seconda guerra punica per iniziativa di Cartagine, il più grande conflitto dell’antichità, pari ad una moderna guerra mondiale, forse in crisi, dopo che erano stati consultati i libri sibillini, decidono di organizzare una spedizione in Asia Minore, ritenuta loro patria originaria, per recuperare l’effigie di Magna Mater, che altro non era che l’arcaica dea Cibele.

Alcuni ipotizzano fosse stata originariamente una pietra o meglio un meteorite

Fu eretto il suo tempio sul colle Palatino fra gli dei originari di Roma . La madre terra celeste era identificata con la Grande Madre Vergine, divinità del monte Ida e denominata anche dea della montagna o degli animali, il suo culto era diffuso prevalentemente tra i Frigi. Anticamente Idea voleva dire l’origine di tutte le cose ed il suo nome era legato ad una misteriosa ninfa del monte Ida.

Anche Cibele come Idea era ritenuta essere la madre di tutti gli dei e dell’universo stesso

Ecco perché era denominata la grande madre. La divinità veniva rappresentata seduta su un trono con la testa coronata da una cinta muraria e rappresentava la natura incontaminata e protettrice delle belve feroci, la natura stessa. Infatti era spesso rappresentata in compagnia di un leone.

Oltre che della natura era venerata anche come protettrice della città, la cinta muraria rappresenta questa sua caratteristica

Dal Trecento con le prime nostalgie del classicismo ispirate dalla cultura dell’umanesimo, abbiamo raffigurazioni dell’Italia come una donna riccamente vestita, con la testa turrita come Cibele, la quale era sconsolata a causa della perdita di importanza del nostro Paese e nostalgica della passata grandezza di Roma. Anche nel Seicento abbiamo lo scrittore e storico dell’arte Cesare Ripa che scrive una allegoria dell’ Italia descrivendola in tal modo: “Una bellissima donna vestita d’Habito sontuoso, e ricco con un manto sopra, e siede sopra un globo, ha coronata la testa di torri, e di muraglie, con la destra mano tiene uno scettro, ovvero un’hasta, che con l’uno, e con l’altra vien dimostrata nelle sopra dette Medaglie, e con la sinistra mano un cornucopia pieno di diversi frutti, e oltre ciò faremo anco, che habbia sopra la testa una bellissima stella. […]» in questo scritto possiamo osservare che l’Italia oltre che riprendere l’iconografia dell’ antica Cibele con la corona a forma di cinta muraria, abbina anche il simbolo di Venere, quando la penisola era ancora chiamata Esperia.

Riappare la stella del crepuscolo in fronte alla donna. Stella che rappresenta anche il pentacolo, simbolo di Venere e utilizzato nei culti riservati alla dea dell’amore

Il simbolo dell’Italia identifica con la dea Cibele, la Grande Madre Vergine il cui culto era diffuso in tutta l’Asia Minore e la dea Venere la quale col nome di Afrodite era protettrice della città di Troia. Da Roma all’Umanesimo la raffigurazione arriva ininterrottamente  fino al Risorgimento ed all’Italia unificata. Nella Roma Repubblica, abbiamo il reperto di una moneta dedicata a Cibele, del 47 a. C. Rappresenta una testa di donna con la testa coronata da una cinta muraria. In varie occasioni, anche nel 1993, la  Repubblica Italiana,conia una moneta su cui campeggia il profilo di una donna con la testa coronata da una cinta muraria.
L’Italia possiede l’iconografia più antica di ogni altra nazione ed il concetto di Italia è antichissimo come quello di Grecia, Egitto, Persia, India.
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