Marocco, monta la protesta per rendere libero il sesso extraconiugale

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Marocco – «I diritti sessuali fanno parte dei diritti umani. Non sono diritti accessori, piccoli extra di cui potremmo tranquillamente fare a meno», scriveva nel suo libro Leila Slimani. Ed è proprio così che in Marocco continua a crescere il dibattito sul divieto di sesso extraconiugale che l’articolo 490 del Codice penale punisce con una pena fino a un anno di reclusione.

Complice anche la pandemia che ha messo in difficoltà il turismo estero, a ingrossare le fila di questa battaglia si aggiungono anche alcuni albergatori che chiedono la legalizzazione delle relazioni extraconiugali.

«Ricevo più chiamate da coppie non sposate che vogliono restare rispetto a chiunque altro. Potrei riempire il mio hotel se solo cambiassero la legge», ha dichiarato al quotidiano marocchino l’Economiste, Meryem Zniber, direttore d’hotel.

Certificato di matrimonio alla reception

Perché la legge sia rispettata, non è raro infatti vedere la polizia negli hotel per controllare i registri. Gli addetti alla reception sono tenuti a richiedere i certificati di matrimonio alle coppie prima di consegnare le chiavi.

Othman Alami, proprietario di una grande catena di alberghi, ha le idee chiare: «Questo dibattito è molto importante, tanto più in un periodo dove il settore turistico è fortemente penalizzato, con azioni anti Covid-19 dove i turisti stranieri sono ormai rari per le varie chiusure.

Migliaia di coppie giovani e anziane si assumono la responsabilità della loro vita sessuale, che è privata. Molti condividendo la stessa casa, senza essere sposati, o viaggiando all’estero. Ma questo non vale per le coppie che non hanno i soldi per viaggiare o per pagare due singole anziché una doppia. Questa situazione dovrebbe essere cambiata».

Nel Paese, insomma, finché non hai la sfortuna di venire trovato con le mani nella marmellata, tutto fila liscio. C’è la consapevolezza che ci sia chi trasgredisce alcune leggi (soprattutto quelle che toccano la morale e riguardano la vita privata e intima), eppure si preferisce chiudere un occhio, senza affrontare di petto la questione.

Il marocchino Premier Aziz Akhannouch

Ora, la sensazione è che con un nuovo governo di stampo liberale e gli islamisti del Pjd mandati a casa con le ultime elezioni – ma che per 11 anni al governo non hanno esitato a soffocare ogni iniziativa ritenuta haram o contraria alla legge islamica – si spera di aprire il dibattito su alcune leggi, considerate retrograde e fuori dal tempo.

Tanto più che il Premier Aziz Akhannouch aveva annunciato una revisione importante del codice penale. Diverse campagne sono state condotte per chiedere la rimozione di questo articolo dal codice penale.

Il più recente è stato lanciato sui social con l’hashtag «Vote4Love», dopo «Love is not a crime» e «Stop490». Basterà? Sicuramente no, perché il Paese rimane diviso e i conservatori hanno la loro forza, ma è comunque interessante vedere nascere più voci trasversali nel dibattito, anche quelle che con la chiave stessa dell’Islam, spiegano come questa legge sia ingiusta e sbagliata.

Codice penale marocchino

Lo affronta molto bene l’intellettuale marocchina Asmae Lamrabet che ha diretto per sette anni il Centro di studi sulla donna nell’Islam, annesso alla Rabita Mohammadia degli Ulema (lega di teologi marocchini):

«Interferire con la vita privata delle persone e la loro intimità è contrario all’Islam – ha scritto in un post su Facebook – che condiziona qualsiasi accusa del genere rendendone impossibile la prova. L’obiettivo è proteggere le persone. Il Profeta dell’Islam rispose a colui che veniva a denunciare i rapporti sessuali illeciti di un’altra persona: «Ma avresti dovuto coprirlo con i tuoi vestiti, sarebbe stato meglio per te!».

«L’articolo 490 del Codice penale marocchino che oggi criminalizza i rapporti sessuali al di fuori del matrimonio è in contraddizione con l’etica musulmana e con l’etica stessa. È inaccettabile nel Marocco di oggi», ha concluso Asmae Lamrabet.

Ora, la palla passa ai politici. Il Marocco ha saputo fare passi da gigante, ma è necessario aggiungerne un altro, perché rimane sempre un laboratorio e un esempio per tanti Paesi islamici.

Karima Moual per “La Stampa

 

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