L’Italia (di nuovo) fuori dal mondiale. Ma il problema è profondo

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Ieri si è recitato il nuovo (o vecchio) de profundis dell’Italia. Come nazionale, ma anche come sistema paese. Abbiamo perso in casa da una nazione grande come la Lombardia e con una popolazione di un quartiere di Roma. Non male, vero?

Ma il problema non è quello. Una partita secca, ci può stare di perderla. Il problema è non essersi qualificati prima.

E il problema è che il sistema Italia del calcio vive di fasti passati. Ormai completamente superati. Si crede che siccome eravamo forti, lo siamo ancora. Ma invece ci siamo fermati, adagiati sugli allori, mentre le altre nazioni si sono date una mossa. La vittoria degli Europei è stato un caso. Per non dire un colpo di culo.

Non voglio analizzare i singoli, né tantomeno un allenatore che, con le stimmate del predestinato, ha sempre ricoperto incarichi prestigiosi, senza però dimostrare niente.

L’Italia è classicisticamente evanescente

Ci rendiamo conto che la nostra NAZIONALE non è in grado di esprimere nemmeno tutti i suoi effettivi italiani? Ci sono tre naturalizzati. Non abbiamo calciatori. Non ci sono ragazzi che giocano.

Le squadre di serie A sono composte per la maggioranza di giocatori stranieri. Ieri abbiamo visto attaccanti ultratrentenni buoni solo per il carrello dei bolliti che sono stati sostituiti da ragazzi di 20. Manca completamente una generazione di attaccanti. Così come la difesa. Bonucci e Chiellini contro Mancini e Bastoni.

Del resto per acquitrinosi motivi finanziari ed economici anche i settori giovanili sono infestati da stranieri. Si va a pescare in Africa, nei Balcani. Dove si possono fare magie contabili, commissioni scandalose e nebulose.

Negli anni ’80 e ’90 in Italia arrivavano pochissimi stranieri, ma facevano realmente la differenza. Ora sei sommerso da un’invasione di giocatori esteri che, al meglio, sono degli onesti mestieranti del pallone. Altre volte invece fanno pure tenerezza.

E la cosa si vede anche a livello di club. Anche quest’anno non abbiamo nemmeno una squadra ai quarti di finale della Coppa dei Campioni (io la chiamo ancora così!).

A questo punto mi chiedo se non sia veramente un bene che la prima industria del nostro paese passi in mano straniere (USA), come sta accadendo. Forse essere gestiti da altre nazioni (leggi: piano Marshall) è l’unica nostra possibilità di fare qualcosa di buono.

 

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