La vicenda Fiat e la richiesta di un mega prestito allo Stato di 6,3 miliardi

FIAT

Fiat – Fca chiede un mega-prestito di 6,3 miliardi di euro allo Stato. Gli Agnelli controllano Repubblica che ha una linea nettamente pro-Fca (basta vedere la lite tra il cdr e il direttore Molinari). Conflitto di interessi?

Sono francamente sconcertato dalla vicenda Fiat e dalla richiesta di finanziamento allo Stato. Poi non so se in questo caso ci sia un conflitto di interessi, è l’eterna storia della Fiat che ha sempre usato i suoi giornali per fare lobbying e per curare i propri interessi. Quello che stiamo vedendo in questi giorni è solo un altro capitolo di una storia antica.

Perché è sconcertato dalla richiesta di finanziamento allo Stato?

Quando un’azienda si sgancia dal Paese portando il domicilio legale e fiscale all’estero vuol dire che non sopporta l’onere di essere italiana, però ne vuole i vantaggi e torna attraverso la banca che controlla in buona parte, Intesa San Paolo, e pretende un prestito dallo Stato. Poi l’alibi è che riguarda gli stabilimenti italiani. Bisogna decidere se essere internazionali o nazionali fino in fondo, non è possibile usare il sistema doppio e cioè che a seconda della convenienza si è internazionali o nazionali”.

In questo caso abbiamo il Pd che critica Fca e il Centrodestra che la difende. Non si sente in imbarazzo?

Non mi interessano i partiti e che cosa pensano, esprimo liberamente la mia idea. La richiesta di prestito allo Stato è incoerente e fuori luogo. Ci possono poi essere valutazioni di realismo, vista la presenza di fabbriche Fca in tutto il Paese, ma non mi sembra proprio il caso di iniziare dalla Fiat per gli aiuti. Va stabilità una graduatoria di priorità e la Fiat non è una priorità.

Salvini ha detto che ci penserebbe due volte prima di dire no al prestito…

Pazienza, capisco le valutazioni politiche, ma per chi come me non ha interessi politici conta solo dire la verità: è assolutamente inopportuno che Fca abbia la precedenza rispetto a un Paese che sta morendo”.

Torniamo a Repubblica. È ancora un giornale di sinistra, considerando anche la posizione a difesa di Fca?

L’unica cosa di sinistra rimasta è probabilmente Teresa Bellanova e la sua battaglia per la regolarizzazione dei migranti. Ma non ci sono segnali di sinistra intesa come patrimonio storico, sociale e ideale di una determinata area ideologica. Devo anche dire che sto seguendo con molta attenzione e curiosità il cambiamento in atto a Repubblica.

Com’è cambiato il giornale da De Benedetti a Elkann e da Verdelli a Molinari?

Ha sicuramente accentuato i motivi di realismo e la posizione filoccidentale. Interessanti anche le valutazioni sul ruolo geopolitico di Israele. Sono tutti elementi che caratterizzano la svolta di Repubblica. E ho l’impressione che gli iniziali attacchi al governo Conte, quando l’operazione del prestito sarà compiuta, cesseranno. Ma le mie sono solo illazioni e congetture, osservo la realtà.

Intervista a cura di Alberto Maggi per Affari italiani

 

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