La mossa di Draghi per la successione di Mattarella

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Tra poco ci sarà l’elezione per stabilire il successore di Mattarella. Dico tra poco anche se in politica quattro mesi possono valere quanto due anni nella vita reale. Però nessuno può negare il fatto che ci sia particolare attenzione per l’avvicinamento a questo conclave programmato dell’arena politica repubblicana.

I partiti si muovono, gli intellettuali si muovono, gli ambienti si muovono. I giornali si muovono. Ma il presidente del Consiglio, che non appartiene formalmente ad alcun partito e ad alcun schieramento, cosa farà? Starà a guardare?

Valutiamo serenamente il fatto che Mario Draghi rappresenta, agli occhi dell’Unione Europea e di autorevoli ambienti internazionali, la garanzia della stabilità del sistema Italia.

Però in caso di nuove elezioni, teoricamente si dovrebbe, in un paese normale, liquidare l’esperienza del governo di emergenza ed arrivare ad un governo politico. Quindi Draghi dovrebbe trovare uno schieramento o un area di riferimento per preservare il ruolo e continuare il suo lavoro. Ma sembra quasi impossibile l’idea secondo la quale l’attuale maggioranza eterogenea che lo sostiene, possa appoggiare la candidatura di Draghi davanti ad elettori estremamente differenti tra i vari partiti di riferimento.

È anche vero però che se la legge elettorale non permettesse di incoronare un vincitore, e quindi si avesse un parlamento legato, si creerebbero le condizioni per proseguire l’esperienza del governo tecnico.

Dunque se nessuno raggiungesse i premi dalla legge attuale per avere la maggioranza necessaria a formare un governo alternativo, Draghi potrebbe restare.

Un eventuale cambio di legge elettorale

Potrebbe essere cambiata la legge elettorale in senso proporzionale. E questo produrrebbe comunque un instabilità governativa. Ma facendo un favore alle forze di centro. Quest’ultima ipotesi resta sempre sul campo, però i tre partiti principali Lega, Fratelli d’Italia e soprattutto il Partito Democratico non ne gioverebbero affatto.

I primi due si troverebbero davanti un centro che tende ad escluderli, sempre più determinante alla formazione di stabili compagini governative.

Il partito di Letta invece si troverebbe nella condizione da una parte di ridare fiato ad un Movimento Cinque Stelle sempre più a lui dipendente. Dall’altra di rafforzare quel centro dal quale vorrebbe strappare ed occupare una fetta di elettori.

Siamo in un presidenzialismo occulto

Da valutare c’è soprattutto un fattore determinante della nostra Repubblica. Noi siamo ormai in un presidenzialismo non dichiarato, dove il presidente non viene eletto dagli elettori. Ma se il parlamento non trova una maggioranza, il capo dello Stato acquista un grande potere.

L’inquilino del Quirinale con una legge elettorale che non garantisce una maggioranza che dia forza all’esecutivo rivestirà un ruolo estremamente potente e decisivo. Anche perché più i numeri saranno esegui, più il sostegno del presidente sarà necessario al primo ministro.

Allora, anche se mi sembra capzioso, Draghi potrebbe essere tentato di occupare lo scranno più alto delle cariche istituzionali della Repubblica. In una simile posizione potrebbe garantire agli ambienti internazionali, ed Unione Europea in primis, che l’Italia almeno per un settennato non devierà dal camino da lui intrapreso.

Sostanzialmente il capo del governo sarà una figura proforma, succube del vero protagonista della politica italiana che siederà al Colle. E che gli elettori non potranno revocare facilmente magari neanche tra sette anni se sarà in grado di custodire un quadro politico parlamentare che tragga la sua stabilità proprio da lui.

Magari potrebbe addirittura nominare un successore ed andare direttamente alle elezioni.

Scenario difficile, fantapolitica, ma con una rapite messa potrebbe non dare il tempo agli schieramenti di formarsi e ridurre il rischio dell’arrivo all’auspicato premio di maggioranza.

Di tutto questo ne gioverebbe la democrazia? Non credo sia una considerazione di alcun interesse per tutti quegli ambienti che detengono Mario Draghi l’unico affidabile garante di un Italia solida.

 

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