La decadenza delle istituzioni è colpa dell’antipolitica

antipolitica

Politica e antipolitica – È vero: il presidente della Repubblica è diventato una figura centrale per condizionare l’azione di governo. L’inquilino del colle condiziona pesantemente il governo. Ma questo semplicemente perché è l’unica figura istituzionale certa, nella complessa costituzione Italiana, di poter esercitare un’azione attiva sui governi per un periodo di 7 anni.

Eletto dal Parlamento, ma poi indipendente dal Parlamento.

Nell’Italia di oggi 7 anni in politica sono anni quantitativamente più pesanti di quelli canini. Paradossalmente una repubblica che aveva partiti con una tradizione solida alle spalle, si è ritrovata un quadro politico fluido costante.

Nel 2014 Renzi era il padrone dell’Italia. Quattro anni fa il MoVimento Cinque stelle governava Torino, la capitale d’Italia ed era il primo partito italiano. Due anni fa Matteo Salvini sembrava l’inarrestabile condottiero di un movimento capace di minimizzare tutti gli altri nel centro-destra.

Oggi Renzi non arriverebbe ad ottenere il 3%. I pentastellati possono ritenersi fortunati di ottenere un quarto posto, e la Lega sta tornando sempre più forte al nord e marginalizzandosi nel resto d’Italia.

La modifica sostanziale dei partiti

I partiti non sono più quelli di una volta, strutturati, ideologici. Fatti di programmi, mandati avanti tramite i congressi, e rivitalizzati dalla militanza attiva.

La legge elettorale non aiuta ad esprimere maggioranze certe. Dunque l’unica certezza sta nella presidenza.
Lì sono le chiavi di volta del gioco politico. La politica deve in questo senso farsi un esame di coscienza profondo.

Si è ridotta in queste condizioni perché si è prestata all’antipolitica ed alla retorica qualunquista anticasta.
Quest’ultima è magari giusta nelle premesse, ma sbagliata nelle conclusioni. Laddove si è lasciato guidare il paese ad una classe di impreparati.

Fare i politici è esattamente come fare i dottori. Gli errori di un medico su un essere umano sono sempre fonte di sofferenza. Gli errori di un politico su un paese li pagano tantissimi esseri umani, appartamenti spesso anche a diverse generazioni.

I politici di una volta

Prima per diventare politici si iniziava veramente nella sezione di un partito, spesso anche in giovane età. C’era una lunga gavetta che comportava un cursus honorum che partiva dalle assemblee dei comuni, fino ad arrivare alle cariche più alte della Repubblica.

Questa gavetta poteva essere elusa solo esclusivamente da professionisti, imprenditori, accademici di altissimo livello. E solo ed esclusivamente in funzione del valore qualitativo che portavano. Pur rappresentando questi ultimi casi una minoranza risicata degli eletti.

Oggi basta vedere che come con le liste di nominativi introdotte dal centrodestra, ma mai corrette neanche dal centrosinistra, si sia insediata e radicata, peggio di un cancro, la classe politica più lesiva degli ultimi cinquant’anni. Non per una questione di onestà, ma di totale impreparazione ed incapacità di essere adeguata al ruolo.

Vince l’incapacità

Molti parlamentari sono totalmente inadatti a svolgere questa funzione. Sono personaggi privi di esperienza politica. Portati spesso in Parlamento dal movimento fondato da Beppe Grillo, che per un principio di ordine generale vede nella politica dei politici improvvisati la panacea di tutti i mali del mondo. L’ideale parlamentari dei pentastellati è culturalmente l’improvvisato un uomo della strada. Che finisce per amministrare lo Stato cercando le risposte su Google.

Praticamente come uno chef improvvisato che prende lezioni dalle riviste in edicola. O rendendosi conto del livello e dai danni che si possono causare, un autoproclamatosi chirurgo che opera studiandosi per la prima volta la sera prima propria medica.

Gli altri improvvisati li hanno messi anche altri partiti politici. Spesso per premiare cortigiani e mezze calzette che non insediassero la primazia del leader.

Bene che l’uomo qualunque faccia politica, ma seguendo quella lunga e complessa formazione che ne faccia un vero politico.

Praticamente la classe parlamentari odierna è in gran parte talmente tanto infima, che il potere presidenziale cresce a dismisura chiunque si mandi al colle.

In pratica il parlamentarismo muore perché oggi, al di là di qualunque cosa dica la costituzione, in Parlamento non si trova una prospettiva concreta di adeguatezza ai compiti istituzionali ad esso assegnati.

 

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