Imporre Bella Ciao per creare un fossato di odio e rancore

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È inutile girarci sopra: imporre Bella Ciao a norma di legge nelle cerimonie pubbliche è fatto per spaccare, creare un fossato di odio e di rancore, andare contro quella metà o forse più del Paese e dei partiti che lo rappresentano e che vogliono lasciare alle spalle dopo quasi ottant’anni la polemica antiquata e aspra sul fascismo e sull’antifascismo.

Un conto è il giudizio storico, un altro è l’uso militante e propagandistico. E qui si tratta di uso politico e fazioso, moralista e vessatorio di un canto che peraltro non nacque per la guerra partigiana e divenne solo nelle manifestazioni politiche del dopoguerra l’inno della Liberazione.

Condivido quel che ha scritto, con finalità diverse dalle mie, anzi per amore di Bella Ciao, Maurizio Maggiani su la Repubblica, che ha visto nella proposta di istituire il canto a norma di legge, una forma di vampirismo, compiuto da “dissanguatori di ideali e di memorie”, per ridare vita a smorte e svuotate cerimonie.

Chiunque ne senta la voglia, nelle manifestazioni politiche, civili, sindacali, di intonare quel canto è liberissimo di farlo. Ma imporlo a tutti, per legge, è un modo per rendere odioso e divisivo un canto che ha una sua genuina freschezza. Anche se oggi dire Bella Ciao potrebbe essere inteso come una molestia sessuale secondo il catechismo del catcalling…

 

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