Il presidenzialismo al bivio

Un'assemblea di nominati

Referendum

Il presidenzialismo ieri è stato bocciato da un’assemblea che non rappresenta più il paese reale. Questa diventa però l’occasione per imporre la volontà degli italiani. Ora il centro-destra deve mettere nel programma di governo l’elezione diretta del Capo dello Stato. La si approvi a maggioranza semplice, nella prossima legislatura. Poi se i grillini ne hanno la faccia, insieme al partito di Letta chiedano il referendum. Sarà un appuntamento elettorale importante dove verrà giudicato chi vuole ridare voce agli italiani, e chi vuole togliergliela.

L’inconsistenza di Matteo Renzi, non è un fatto nuovo. Dunque l’astensione del suo partito non stupisce.
Una scommessa a perdere per la democrazia, il rottamatore che non vuole ormai essere rottamato. Che il Partito Democratico, il quale gode una situazione di vantaggio, essendo diventato il primo garante degli apparati di potere partitocratici in Italia e delle dinamiche parlamentari, non voglia la riforma è comprensibile.

Come è comprensibile la contrarietà di un estrema sinistra, che in parte ideologizzata insegue ancora la chimera della costituzione più bella del mondo. Una cosa che si dice solo in Italia ed alla quale ormai non credono più neanche gli italiani. Ed in parte comunque totalmente succube di un PD, che porta al guinzaglio le frange più estreme ed ideologizzate della sinistra per massimizzare il consenso.

Tanto le menti pensanti di Leu sono talmente innocue ed inefficaci causa impreparazione ai giochi della politica parlamentare, che il PD può tranquillamente gestirle come meglio crede.

Incomprensibile ed inaccettabile è il tradimento dei grillini

È vero che il partito fondato dal comico genovese negli anni è arrivato a rimangiarsi quasi tutto tutto. Sono passati da giacobini, cittadini che andavano nelle istituzioni per rivoluzionarle ad ospiti dei salotti del potere. In verità incapaci di amministrare realmente il potere, ma dai comodi divani e dalle soffici poltrone non voglio un certo schiodare.

Però la dignità dovrebbe avere un peso, e l’indecenza un limite. Addirittura un partito che nasce per ridare sovranità al popolo, si schiera apertamente contro quello per cui ha ragione d’essere. Sottrarre ad un’assemblea di nominati l’elezione del primo cittadino ed assegnarla agli italiani.

A questo i signori grillini si sono permessi di votare contro. Un tradimento palese di quanto sempre promesso al popolo italiano. Verranno ricordati per l’inutile taglio dei parlamentari, che in buona parte conferma una legge di natura. L’inadeguato si mutila e getta le condizioni per estinguersi da solo. Paradossalmente il taglio decapiterà proprio loro.

Ma qui il punto è un altro

Trovarsi davanti ad uno spartiacque molto chiaro tra chi vuole semplicemente limitarsi a governare il paese e chi lo vuole cambiare. In un momento particolare come questo chi ambisce a raccogliere le migliori speranze del popolo italiano deve distinguersi.

Il terreno delle riforme è un terreno importante ma solo se si tratta di riforme concrete, strutturali, e soprattutto radicali di un sistema che non riesce più ad andare avanti.

Gianfranco Miccichè, in una recente intervista alla Stampa, ha auspicato una lunga permanenza di Draghi al governo con una coalizione di larghe intese. Un progetto che riuscirebbe benissimo su un impianto proporzionale. La felicità dei partiti a discapito della felicità degli italiani.

Un governo scelto dai compromessi delle segreterie, un presidente espressione di quegli stessi compromessi. Dall’altra parte si deve distinguere chi vuole ridare sovranità al popolo.

Imporre una legge elettorale che crei una chiara maggioranza dopo le consultazioni, rimettendo in mano agli elettori la scelta del governo. Pretendere che un capo dello Stato sia espressione della volontà del popolo.

Su questi temi c’è la possibilità di intercettare la stragrande maggioranza degli italiani. Chi vuole fare la differenza non deve essere tenero. Deve rappresentare lo spartiacque tra la novità e la preoccupazione del sistema partitocratico.

 

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