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Home Economia

Il boomerang dei dazi americani non sta intaccano il consenso a Trump

di Silvia Castellani
3 Settembre 2025
In Economia
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Il Tycoon resta in sella
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Il boomerang dei dazi americani non sta intaccano il consenso a Trump

Donald Trump con il suo motto ” America first”, ha fatto dei dazi la bandiera della sua politica economica.

Ha eretto uno scudo contro la globalizzazione con l’intento di promuovere la salvezza dell’industria americana

Ma il boomerang è tornato più feroce di prima, colpendo famiglie, imprese e addirittura lo stesso appeal turistico degli Stati Uniti.

Le famiglie risultano più povere. Durante l’anno in corso i consumatori americani stanno affrontando aumenti dei prezzi fra i più alti dal 1933. In termini pratici si tratta di una crescita dell’1,8 %, con una perdita media di 2 400$ per nucleo familiare. Anche dopo eventuali correzioni di mercato, il danno resta intorno ai 2 100 $ annui a famiglia.

A luglio 2025, l’inflazione generale è stata del 2,7% annuo, mentre quella core — ovvero con l’esclusione di cibo ed energia — ha superato il 3%. Goldman Sachs stima che i consumatori assorbiranno entro ottobre fino al 67 % dei costi dei dazi, portando l’inflazione core attorno al 3,2 % entro fine anno

Tra gennaio e luglio 2025, i dazi hanno fruttato al governo USA oltre 108 miliardi di dollari, arrivando a rappresentare fino al 6,7 % delle entrate federali. Ma tale aumento entrate di fatto sono prelievi occulti che pesano su famiglie e imprese a stelle e strisce.

La crescita americana per effetto dei dazi è in frenata e l’occupazione rimane la massima preoccupazione

Secondo il Budget Lab (Yale), i dazi riducono il PIL reale di 0,5 punti percentuali nel 2025 e nel 2026 dello 0,4 , equivalente a un buco di 125 miliardi di dollari annui. Sul fronte dell’occupazione, i disoccupati saliranno di 0,3 punti entro fine 2025 e 0,7 entro fine 2026, con oltre 500.000 posti di lavoro persi. Solo tra maggio e giugno di quest’anno il settore manifatturiero ha già lasciato sul terreno 14.000 posti di lavoro.

Sempre analizzando i dati di luglio il deficit commerciale in beni è aumentato del 22,1 %, arrivando a 103,6 miliardi di dollari. Le aziende hanno accelerato le importazioni per anticipare i dazi, mentre le esportazioni hanno subito un rallentamento

Il boomerang economico relativo al dumping è amplificato dalla fuga dei turisti stranieri. Diverse fonti convergono su tendenze allarmanti.

Il World Travel & Tourism Council (WTTC) prevede una perdita di 12,5 miliardi di dollari di spesa da parte dei visitatori internazionali, con un calo tra il 7 % e il 22,5 % rispetto al 2024. Gli Stati Uniti risultano l’unico Paese tra 184 studiati a registrare un calo del turismo internazionale nel 2025 .

Il Tourism Economics ha rivisto al ribasso le previsioni di inizio 2025

Dal dato iniziale del +9 % di arrivi internazionali adesso è previsto un calo dell’8,2 %, con una perdita complessiva stimata tra gli 8 e i 9 miliardi di dollari.
La contrazione arriva da numeri concreti. A marzo 2025, i visitatori totali dall’estero sono calati del 12%, con un crollo degli arrivi da Canada (-70 %) e dall’Europa (-17 %).

Las Vegas, simbolo del turismo, ha visto in giugno una flessione dell’11,3% nei visitatori, con occupazione alberghiera in calo di quasi 15 %.

Washington D.C. ha sofferto una crisi dovuta alla militarizzazione visibile della capitale

Con la National Guard sempre allerta nei luoghi chiave, la città è diventata meno attrattiva, portando a cancellazioni di eventi e perdite potenziali superiori ai 50 milioni di dollari.

Di fatto Trump ha generato un paradosso politico

Famiglie impoverite, inflazione galoppante, crescita in stallo, meno lavoro, commercio in affanno e turismo in caduta libera. Eppure, la retorica protezionista continua a conquistare consenso. Trump incassa consensi da un elettorato che vive il protezionismo come un atto di difesa identitaria, a dispetto del conto economico e finanziario del Paese.

Il muro dei dazi ha centrato il bersaglio

Sul mercato si sta rivelando un boomerang doloroso. I muri commerciali danneggiano l’economia, ma in politica possono stranamente ergersi a monumenti di consenso. Ed è questo che sta accadendo oltre oceano a Trump. “America first” sembra concordare con il proprio Presidente, tutto il popolo americano.”America first” sempre e comunque, anche a costo di rimetterci.

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