I paradossi politici del Superbonus 110

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I paradossi politici del Superbonus 110

Sembra impossibile ma ai tempi dei supercomputer e dell’Intelligenza Artificiale, risulta difficile comprendere le previsioni di spesa del Superbonus 110.

Solo la settimana scorsa l’Istat ha certificato che la misura Superbonus è costata 40 miliardi in più di quanto preventivato soltanto tre mesi fa.

La nota attuale a sua volta correggeva al rialzo un precedente aggiornamento al Def di ulteriori 20 miliardi di euro

Una sfilza di previsioni clamorosamente sbagliate, tutte per difetto, che dimostra la serietà del “peso” del Superbonus nei conti pubblici. Un macigno che preoccupa, e neanche poco, l’attuale Governo Meloni.

Secondo gli ultimi calcoli, purtroppo non definitivi, il “buco” ha raggiunto la somma record di 150 miliardi di euro, una cifra che non consente né adesso, né consentirà alle generazioni future, nessuna possibilità di manovra in caso di gravi crisi. La legge del Superbonus è stata fallimentare per via di due fattori. Innanzitutto, la mancanza di un limite temporale di tale manovra. La seconda, ancora più sconvolgente, la totale mancanze al momento della presentazione della legge in Parlamento, di previsioni, anche parziali, di spesa.

Soldi quindi regalati a una determinata classe di censo

Doni di una patrimoniale alla rovescia, tesa ad aiutare i proprietari di casa piuttosto che alle classi meno abbienti, come ci si aspetterebbe da un partito populista di sinistra. E viene da sorridere che anche i contribuenti meno abbienti abbiano destinato le proprie somme versate a titolo di imposte per la sistemazione di ville e proprietà immobiliari.

Ma soprattutto fa riflettere l’impossibilità di quantificare il “danno”

I continui rialzi delle somme dei conti della Ragioneria di Stato, pone un problema democratico e costituzionale. Ma cosa hanno votato i nostri parlamentari al momento del voto della legge di Bilancio? E le somme da destinare al Superbonus da quale voce del bilancio verranno tolte?

Di tutto questo vi è un silenzio irresponsabile

Le opposizioni, che avrebbero dovuto gridare allo scandalo, proporre interminabili interrogazioni parlamentari e fare dure battaglie, tacciono. E non possono fare altrimenti. Il Superbonus 110 è una creazione 5stelle. Non ha né convenienza né la possibilità di replica. Sarebbe per Conte un clamoroso Autogoal.

L’altro partito di opposizione, il PD, non ci pensa neanche mettere alla berlina il partito pentastellato. La alleanza Conte/Schlein, appena abbozzata nel recente “campo largo”, non ha convenienza ad attaccare il Governo in questo ambito, in quanto porterebbe a una debolezza di Conte. E le varie tornate elettorali sono alle porte. Si è creata pertanto una forma di “male-opposizione” che può diventare un caso di studio nelle aule delle Facoltà di Scienze Politiche.

L’immobilità dei partiti di sinistra porta quindi al paradosso che sia proprio un Governo di destra a dover mettere mano allo stop del Superbonus 110

Meloni è entrata in scia del Governo Draghi, che già aveva posto adempimenti burocratici tanto pesanti da rendere pressoché impossibile portare avanti le richieste di cessione del credito. Ma la legge non è stata ancora del tutto bloccata. È stata prorogata, sospesa ma non bloccata. Bisogna ricordare, paradosso nel paradosso, che la legge del Superbonus è stata, a suo tempo, approvata anche con il favore dell’intero centrodestra, allora opposizione al Governo.

Di fatto stiamo assistendo al più radicale bipolarismo popolare

In entrambe le compagini politiche, alla azione/reazione, si preferisce il silenzio. E si rimane perplessi che i 5stelle siano ancora convinti che “il superbonus si ripaga da sé”, affermazione recentemente mitigata “anche se non proprio del tutto”.

In totale finora il Superbonus è costato 150 miliardi. Importo ben lontano dai 10 miliardi sbandierati nel 2020 da Conte e Gualtieri, calcolati non si sa su quale base. Quello che certo è che con molta probabilità anche i 150 miliardi saranno superati. Per quanto riguarda i conti del Superbonus è proprio il caso di dire “di domani non v’è certezza”.

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