Homer Simpson, il cantore dell’odissea americana

HOMER

Homer Simpson – Il tribunale del politically correct non persegue soltanto l’umanità di ieri e di oggi ma perfino i cartoni animati. Vittima storica ieri come oggi, è il fumetto scorretto per antonomasia e vorrei dire per tradizione, un mito domestico e globale che ha conquistato il mondo: Homer Simpson e la sua famiglia che ha superato i trent’anni ormai. Stanco dei ripetuti attacchi, perfino il doppiatore dell’indiano Apu dei Simpson, Hank Azaria, ha gettato la spugna. Col p.c. non si scherza…

Milioni di ragazzi, dai tre ai quarant’anni sono cresciuti a Springfield, la patria immaginaria dei Simpson e là hanno affinato la loro ironica percezione della vita. Sono loro, i Simpson, i veri nemici del politically correct, l’antidoto più efficace all’ideologia del buonismo e del virtuismo ipocrita. Dopo la famiglia reale inglese, la loro è la famiglia più famosa del mondo: Homer e Marge, sua moglie, e poi Bart, Lisa e Maggie i suoi tre figli, sono diventati il prototipo planetario di una famiglia umana, veramente umana; una famiglia unita, pur nelle sue follie, numerosa e spiritosa, che naviga nel tragicomico fra candide crudeltà e feroci tenerezze.

La sua vita domestica è l’archetipo mondiale di una vera casa delle libertà. Homer non nasconde i suoi vizi, i suoi egoismi, le sue imperfezioni. È la figura più umana della tv, la più realistica. Eppure è solo un cartoon. Ma quando l’umanità sparisce dal video per far posto alla finzione, allora di umano non ci resta che un cartone animato. Ma animato davvero. Autentico, verace.

Homer Simpson e famiglia sono un esempio vero di controcultura, le impudenti retoriche su cui si fonda il gergo dominante, i suoi altarini, i suoi divieti, il suo bigottismo progressista. Non escludo che Homer sia un grande elettore di Trump; del resto uno scrittore antitrumpiano, Aaron James, paragonava i due personaggi nel suo libro dal titolo che è tutto un programma: Trump, Saggio filosofico sul predominio degli stronzi, edito in Italia da Rizzoli…

Se cercate la cultura pop, non conformista e iper-realista, la trovate in esempi come questi. Che non nascono, a differenza dell’opposta vulgata, con intenti politici o schieramenti ideologici; ma nascono dalla realtà che prende a pernacchie il canone ideologico. Homer Simpson è un vero bastardo, tracanna birra, s’ingozza di salsicce e ciambelle, perde le ore spaparanzato sul divano a ingoiare tv e partite di calcio, non è insomma un modello virtuoso. E i suoi figli sono tenere canaglie.

Ma rappresentano la vita, la realtà, il mondo com’è, e non come ce la raccontano gli Ideologi del Piffero, quelli che credono all’uomo buono in natura, traviato dalla società e dal potere e che travestono il loro odio per la realtà in amore astratto per l’umanità. La vita dei Simpson è una citazione inconsapevole ed ironica di Hobbes e Machiavelli, e perfino di sant’Agostino e san Tommaso, e una derisione costante di Rousseau, Lacan e degli utopisti.

Non è un eroe, non è un modello, non ci piacciono i suoi gusti e la sua America ma Viva Homer, che canta l’odissea americana nell’idiozia del politically correct.

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