Governo Draghi, la solita musica: poco dibattito e tante fiducie

I giochi legati all'elezione del Presidente della Repubblica

Governo

Il governo Draghi non è particolarmente meno rispettoso del parlamento, nella riduzione del dibattito parlamentare, rispetto ai suoi predecessori.

Sono ormai quasi venticinque anni che si va avanti a colpi di fiducie.

Il Parlamento è diventato un votificio, dove si chiede all’onorevole semplicemente di alzare la mano ed avere fede.

Sicuramente anche in questa finanziaria sconta l’eterogeneità dei partiti che lo sostengono. Di quella che, gli estimatori chiamano maggioranza di unità nazionale, ed i detrattori un’indecente ammucchiata.

Responsabili o poltronari , non è questa la sede per stabilirlo. Né ci interessano i giudizi morali in questa sede per capire cosa stia succedendo.

È però interessante rilevare come tutte le contraddizioni rendano ancora meno opportuno ed agile per il governo aprire un dibattito, in una maggioranza composta da partiti sempre più proiettati verso la campagna elettorale.

Ed, anzi, adesso ancora si riesce a trovare uno straccio di unità. Dopo l’elezione del nuovo Capo dello Stato subentreranno due novità importanti.

La scadenza naturale

Nella più rosea delle ipotesi questa legislatura andrà a scadenza naturale.

Con il nuovo primo cittadino d’Italia che non sarà limitato, come lo è attualmente Mattarella, dal semestre bianco, ma riacquisterà il pieno potere di sciogliere le camere.

Praticamente molti peones vincitori della lotteria degli eletti, incominceranno a preoccuparsi della possibile non rielezione.

I partiti in vista della campagna elettorale cercheranno di massimizzare i consensi rimarcando le differenze. Soprattutto al fine di sfiduciare parlamentari preoccupati, visto il cospicuo taglio di poltrone, di non tornare in Parlamento.

Oltre alla perdita fisiologica dovuta alla riforma, la perdita di consensi incentiverebbe tentativi di fuga per salvare la cadrega.

L’isteria del non tornare a far parte del Parlamento è talmente forte che diviene la carta più giocata in questo momento. E porta a sfiduciare una presidenza della Repubblica di Draghi, che potrebbe portare secondo capziose interpretazioni alle elezioni anticipate.

Che potrebbero esserci comunque, visto che Draghi stesso potrebbe sottrarsi alla guida di un governo a scadenza limitata dove verrebbe usurato da una maggioranza che si dilanierebbe ogni giorno inevitabilmente in vista della futura campagna elettorale.

Se questa finanziaria ha visto forti compressioni del dibattito parlamentare immaginiamoci se Draghi dovesse farne un’altra tra un anno, a pochi mesi dal voto.

Ci sarebbe addirittura il rischio della sfiducia da parte di qualcuno in cerca di incamerare consensi con un colpo di scena poco prima del voto.

In tutto ciò le assemblee sono sempre più mortificate, a colpi di fiducia.

Ma questo non rientra nei giochi di palazzi e dunque non interessa particolarmente a nessuno.

 

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