Forza Italia tra l’usato sicuro di Tajani e il fantasma di Arcore
Il partito azzurro naviga a vista tra la rassicurante bonaccia del suo segretario e l’eterna attesa di un “Berlusconi 2.0”.
Ma l’erede c’è o è solo una fantasia dei media?
Quello che è evidente è una calma strana dalle parti di Forza Italia. Non quella calma piatta che precede la tempesta, ma più quella sonnolenza post-prandiale di chi ha mangiato bene per trent’anni e ora sorseggia una tisana digestiva. A quasi un anno dalla scomparsa del Fondatore, l’unico, l’imitabile e, per i suoi estimatori, indimenticabile Cavaliere, il partito che ha inventato il centrodestra italiano si trova davanti a un bivio esistenziale. Roba che manco Amleto con un teschio in mano.
La domanda che ronza nei corridoi di Montecitorio, e che rimbalza tra le ville della Brianza, è sempre la stessa, sussurrata con un misto di terrore e speranza: “Quo vadis, Forza Italia?”
E soprattutto, chi c’è alla guida?
Attualmente, al volante c’è Antonio Tajani. E diciamolo subito. Tajani è bravo. È la quintessenza dell’”usato sicuro” della politica. È europeo, è pettinato, e’ educato, parla le lingue, non fa gaffe (o quasi), e soprattutto, non ruba la scena a Giorgia Meloni.
È il vicino di casa ideale, quello che ti innaffia le piante quando vai in vacanza e ti lascia pure il vialetto pulito
Sotto la sua guida da reggente prima e da segretario poi, Forza Italia non si è sciolta come neve al sole, smentendo i corvi del centrosinistra che già preparavano il de profundis.
Anzi, i sondaggi tengono, la “ditta” fattura voti, e il ruolo di stampella moderata e centrista del governo Meloni funziona a meraviglia.
Tajani è l’analgesico perfetto per i mal di pancia europei verso l’esecutivo italiano
Tutto bene, dunque? Mica tanto. Perché diciamocelo, per chi è cresciuto a pane, Milan e inni cantati a squarciagola. La gestione Tajani è emozionante quanto una riunione di condominio sul rifacimento delle facciate.
Manca il guizzo, manca la follia visionaria, manca quella capacità di promettere un milione di posti di lavoro con la stessa nonchalance con cui si ordina un caffè. Manca, insomma, il “Berlusconismo”
Ed è qui che entra in scena il grande sogno, o l’Incubo ricorrente, a seconda dei punti di vista: la discesa in Campo degli Eredi.
Come in una monarchia costituzionale dove il trono è vacante, lo sguardo dei nostalgici si volge verso Arcore. I nomi sono noti, pesanti come macigni. Marina e Pier Silvio.
Marina, la lady di ferro dei bilanci, ogni tanto lancia un segnale, una dichiarazione sulla giustizia o sui diritti che fa tremare i polsi ai retroscenisti
Pier Silvio, il guru della TV commerciale che sta ripulendo Mediaset dal trash (con risultati altalenanti, ma apprezziamo lo sforzo), ogni tanto si lascia scappare un “la politica è una cosa seria”.
Basta un loro sospiro per scatenare il panico.
Se scendesse un Berlusconi vero, con quel cognome lì sulla scheda, cosa succederebbe? I sondaggisti dicono che FI potrebbe schizzare in alto, cannibalizzando magari un po’ di Lega e un po’ di Fratelli d’Italia.
Ma la verità è che i “ragazzi” sembrano avere la stessa voglia di buttarsi nell’arena politica che si ha di andare dal dentista per una devitalizzazione
Sanno bene che il confronto con il padre sarebbe impietoso. Silvio era un animale politico naturale; loro sono manager di successo che la politica l’hanno subita per osmosi.
E così, Forza Italia resta sospesa. Da una parte c’è la realtà, fatta di Antonio Tajani che tesse pazientemente la tela diplomatica, rassicura i mercati e tiene buoni i parlamentari che temono per il proprio seggio.
È la Forza Italia “Democrazia Cristiana 2.0”, utile, necessaria, ma un po’ grigia.
Dall’altra c’è il mito, l’attesa messianica di un Berlusconi che torni a infiammare le platee, a raccontare barzellette sconce ai vertici internazionali e a far sognare gli italiani che le tasse si possono anche non pagare (metaforicamente, s’intende)
Il risultato è un partito che vive di rendita su un passato glorioso, amministrato in senso buono da un ottimo curatore mentre aspetta un principe o una principessa che probabilmente preferiscono godersi la vita in azienda piuttosto che litigare con Conte e Schlein.
Per ora, la nave va. Non corre, non fa scintille, ma galleggia.
E in questi tempi burrascosi, forse, accontentarsi di non affondare è già un successo
Certo, se poi da Arcore arrivasse un colpo di telefono… ma questa è un’altra storia. O forse sempre la stessa.
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