Femminicidio: ogni vita ha lo stesso valore
Secondo un noto aforisma attribuito ad Albert Einstein, è più facile scindere un atomo che spezzare un pregiudizio.
In Italia, ogni volta che una donna viene uccisa da un uomo che diceva di amarla, ci indigniamo, accendiamo luci, pubblichiamo post, partecipiamo a marce silenziose.
Troppo spesso, purtroppo, l’indignazione non è uguale per tutte. Quando a morire è una studentessa “perbene”, una ragazza che “aveva tutta la vita davanti”, la notizia riempie le prime pagine. Se invece la vittima è una donna che lavorava come escort, o che aveva una vita difficile, o che semplicemente non rientrava nello stereotipo della “brava ragazza”, il tono cambia
Il pregiudizio si insinua. La compassione si attenua. L’indifferenza prende spazio.
Ma una donna uccisa è una donna uccisa.
E una vita vale quanto un’altra vita.
Non ci sono vittime di serie A e vittime di serie B.
Il disvalore sociale, umano e giuridico dell’omicidio di una donna non cambia in base alla sua condotta di vita, al suo lavoro, al modo in cui si vestiva, o ai suoi precedenti. Uccidere è uccidere
E uccidere una donna per ragioni legate al suo essere donna – per un suo rifiuto, perché voleva andarsene, o perché “era mia” – è femminicidio, a prescindere da chi fosse quella donna.
È proprio questo giudizio silenzioso e strisciante che dobbiamo combattere.
Un pregiudizio che non solo giustifica, ma disumanizza, che cerca alibi, attenuanti culturali, motivi nascosti, anziché dire la verità: ogni donna ha diritto alla propria libertà, alla propria autodeterminazione, alla propria esistenza.
Nessun uomo ha diritto di togliergliela
Come avvocato penalista, so bene che la legge è uguale per tutti, ma nella percezione collettiva, nei titoli dei giornali, nelle chiacchiere da bar, la pietà diventa selettiva, la solidarietà è condizionata e la narrazione pubblica è ancora intrisa di una cultura malata che ci vuole pure, sottomesse e silenziose.
Ricordarlo non è un atto di civiltà, è un dovere
Finché continueremo a dividere le donne in “meritevoli” e “non meritevoli”, saremo complici di un sistema che permette al femminicidio di ripetersi.
Ogni volta che una donna viene uccisa, non chiediamoci chi fosse lei.
Chiediamoci perché quel maledetto criminale ha pensato di spegnere la sua voce.
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