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Home Esteri

Evin come la Bastiglia, ma la stampa guarda altrove

di Hilary Sechi
27 Giugno 2025
In Esteri
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Evin come la Bastiglia, ma la stampa guarda altrove
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Evin come la Bastiglia, ma la stampa guarda altrove

Il 23 giugno, l’aviazione israeliana ha colpito anche la famigerata prigione iraniana di Evin, uno degli emblemi in Terra della repressione politica.

È una struttura che, da decenni, si trova al centro della bufera, a causa della valanga di denunce, partite da moltissime organizzazioni in primis “Nessuno tocchi Caino”, per violazione sistematica e deliberata dei diritti umani. Senza contare le condanne a morte, soprattutto di donne, passate sotto silenzio

Da dopo la rivoluzione khomeinista del 1979, Evin è il principale centro di detenzione per gli oppositori del regime. Ci finisce chiunque, giornalisti, studenti, accademici e attivisti per i diritti umani.
Nonché giornaliste italiane usate poi per beceri scambi di prigionieri.

E da chi ne fuoriesce sopravvissuto, si apprendono testimonianze agghiaccianti su torture, confessioni estorte con abusi, violenza e stupri

Pochi mesi fa, per altro, l’Unione europea ha imposto diverse sanzioni proprio a causa di queste gravi violazioni, ricadute anche sul direttore della prigione, Hedayatollah Farzadi. Misure che includevano il congelamento dei beni e restrizioni sui viaggi, oltre al divieto di esportazione di strumenti utilizzabili per la repressione interna.

Purtroppo, però, gli eventi di questi ultimi giorni hanno dimostrato che a questa gente le sanzioni passano addosso come acqua fresca

I danni arrecati alla struttura a seguito del bombardamento israeliano che, è bene sottolinearlo, è stato certamente un atto simbolico per dare una chance ai detenuti di quel lager – facendo quello che avrebbero dovuto fare gli Alleati, bombardando per esempio i binari per Auschwitz – secondo l’agenzia HRANA, hanno riguardato aree amministrative, l’infermeria, la sala visite, la cucina e l’ingresso principale.

Anche il braccio femminile ha subito danni – e dal momento che molti piloti israeliani sono donne, è bello pensare che possa essere stato un atto di solidarietà di genere

Senza contare il blocco delle comunicazioni. Per oltre 24 ore, ai detenuti è stato impedito di contattare le famiglie giunte, immaginiamo con grandi difficoltà visti i bombardamenti, da ogni parte del paese e ragionevolmente radunatesi all’esterno del carcere.

Tuttavia, secondo le testimonianze, queste non sono state in grado di ottenere informazioni sui propri cari, nemmeno se fossero vivi o morti.

Al contrario. I familiari, già schiacciati dall’angoscia per la sorte dei propri cari, si sono anche dovuti scontrare con atti di violenza, prepotenze e minacce da parte delle guardie carcerarie

Sono addirittura state dispersi con la forza e i loro cellulari confiscati, viene da pensare per evitare la diffusione di immagini o audio.

Allo stesso tempo, le guardie avrebbero impedito ai detenuti feriti di ricevere cure tempestive e punito con la segregazione coloro che hanno tentato di comunicare con l’esterno quanto stesse accadendo.

Che ne ha detto la stampa italiana di tutto questo?

Poco o niente. Anzi, praticamente niente. La rassegna stampa è stata tutta concentrata sulle seimila personalità di Donald Trump, che potrebbe essere scritturato per uno “Split 2” – tanto l’esperienza da attore ce l’ha – e sulle sue altrettante affermazioni e si è dimenticata – consciamente? – di farci sapere di questa tragedia nella tragedia.

L’unica cosa che ci hanno fatto sapere è che Israele ha attaccato la prigione non come atto simbolico ma come atto deliberato di violenza. Insomma, si sono scapicollati a distorcere i fatti, tanto per cambiare, e hanno perso completamente il focus della questione

Ma, dopotutto non c’è da stupirsi. Le tragedie che si consumano a Evin, pur essendo sotto gli occhi di tutti da anni, non fanno quel tipo di rumore che piace alle masse, il pifferaio magico – stampa, lo sa benissimo.

E ancora meno è quel tipo di narrativa che fa scendere in piazza chi, credendo di essere un libero pensatore e un difensore degli oppressi, non si accorge di essere solamente l’ennesimo burattino del mainstream.

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Tags: AyatollahIN EVIDENZAIRANISRAELELIBERTA'
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