Economia italiana post pandemia: ripartire dalla domanda interna

ECONOMIA

Economia – Probabilmente a Palazzo Chigi staranno pensando a tutt’altro, tra la gestione dell’emergenza coronavirus, le elemosine di Bruxelles. Le dirette Facebook del Premier Conte e una situazione socio – economica che si sta facendo esplosiva ogni giorno di più, le grandi manovre per la ripresa economica stanno sullo sfondo come un puntino lontano. Eppure questo è il momento giusto per pensare a come uscire da una depressione dell’economia che sta preannunciando più grave di quella del secondo dopoguerra.

CAMBIO DI PARADIGMA

Stiamo assistendo a frotte di liberisti tutti d’un pezzo convertiti, in appena un mese, al keynesismo più spinto sfrenato. Liberisti che chiedono più Stato, nazionalizzazioni di aziende strategiche, più spesa pubblica, ma ancora né tra i keynesiani della prim’ora né tra i convertiti si è posta l’attenzione su un cambio di paradigma che dovrà essere alla base della ripresa economica: puntare sulla domanda interna.

PIÙ INDIPENDENZA DALL’EXPORT

Incentivare la domanda interna significa rendere la nostra economia più indipendente dall’export, che dovrà rimanere un pilastro del nostro sistema economico ma non l’unico cardine su cui poggiare l’intera economia nazionale. Perché fino ad oggi è stato proprio così: per competere nell’export con concorrenti sleali che praticano il cosiddetto “dumping sociale”. Non potendo più svalutare una nostra moneta sovrana, siamo stati costretti a svalutare la voce più importante nel costo di produzione delle merci, ovvero il lavoro.

LA SVALUTAZIONE INTERNA

E così, a forza di svalutare, il potere reale dei salari degli italiani è andato diminuendo di anno in anno. I consumi interni si sono ridotti sempre di più innescando un circolo vizioso di “calo degli stipendi – riduzione dei consumi – aumento dei disoccupati” compensato solo in parte dalle esportazioni. Ad aggravare il circolo vizioso e la perdita di potere d’acquisto dei salari aggiungiamo anche l’aumento smisurato di offerta di manodopera non qualificata. Aumento provocato dall’immigrazione di massa dall’Africa, che ha portato ad un’ulteriore perdita di potere contrattuale dei lavoratori, e il gioco è fatto. Abbiamo ottenuto la cosiddetta “svalutazione interna”.

PUNTO DI RIPARTENZA

E’ proprio da qui che il governo post-pandemia dovrà ripartire, invertire la rotta e pensare prima al mercato interno e poi a quello estero. Come fare? In primo luogo garantendo più soldi in tasca agli italiani attraverso una riduzione consistente della pressione fiscale, in particolare sui lavoratori autonomi e dipendenti. In secondo luogo incentivando il consumo di prodotti italiani e il turismo nei confini nazionali anche mediante incentivi fiscali. Peraltro la diminuzione della pressione fiscale sui lavoratori dipendenti otterrà l’effetto positivo anche sui prezzi all’esportazione. Senza necessità di tagliare gli stipendi, insomma, due piccioni con una fava.

MENO TASSE PIÙ GETTITO

E se qualcuno è ancora preoccupato per il debito pubblico, per i parametri di Maastricht e per un eventuale diminuzione del gettito erariale a seguito della riduzione della pressione fiscale stia tranquillo. E si ricordi che in Italia siamo già ben oltre l’apice della curva di Laffer, cioè quella curva che dimostra che, oltrepassato un certo livello nella pressione fiscale, il gettito anziché aumentare inizierà a diminuire. Ebbene, in Italia quel punto è già stato passato, e anche di molto. Così diminuire la pressione e aumentare il reddito da destinare ai consumi interni non creerà un buco nelle casse ma, anzi, accrescerà in breve tempo il gettito.

SOVRANITÀ’ MONETARIA

Se poi, a tutto ciò, aggiungeremo anche la riappropriazione della sovranità monetaria l’Italia non solo avrà la possibilità di ripartire più forte di prima, ma avrà anche tutte le potenzialità per diventare una protagonista sullo scenario politico-economico mondiale.

 

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