DATO IL SUSSEGUIRSI di “femminicidi”, un po’ ovunque vengono fatte manifestazioni per dire basta alla violenza sulle donne

DATO IL SUSSEGUIRSI di “femminicidi”, un po’ ovunque vengono fatte manifestazioni per dire basta alla violenza sulle donne

Spot televisivi in cui personaggi famosi si alternano per ribadire che se le donne usano un certo abbigliamento non devono essere fraintese:

NO È NO, METTERE LA MINIGONNA NON È SÌ, INDOSSARE BIANCHERIA INTIMA SEXI NON È SÌ …ecc

Tutto ciò per ribadire che la violenza è tale anche quando, all’interno di un rapporto consolidato, una donna non dia il suo consenso.

Secondo il pensiero di molti, la violenza carnale sulle donne è la conseguenza di atteggiamenti provocanti e abiti succinti.

Questa opinione ha suscitato inevitabilmente disappunto, soprattutto negli ambienti femministi

Data la delicatezza dell’argomento vorrei provare a fare alcune considerazioni.

NIENTE PUÒ GIUSTIFICARE la violenza che resta condannabile anche se indotta da presunta provocazione

La violenza carnale è un atto spregevole.
Detto questo però c’è da valutare anche la diversa struttura psicologica che differenzia i due sessi.

L’uomo tende a dare importanza fondamentale a quello che vede ed è immediatamente colpito dalla fisicità femminile.

Una donna in minigonna o con profonde scollature e un uomo in pantaloni corti o a torso nudo non producono di solito lo stesso effetto

In poche parole, un abbigliamento femminile “stringato” lancia segnali anche spesso a prescindere dalle sue intenzioni.

Ecco perché dire “la colpa è degli abiti succinti” non è avvalorare una visione maschilista, perché mette difronte ad una realtà seria.

LA MODA, LA PUBBLICITÀ, IL CINEMA attraverso film molto espliciti (basic instinct e molti altri) mandano segnali saturi di sensualità che condizionano inevitabilmente la società

Purtroppo, alla luce di ciò, molte donne hanno perso la capacità di accorgersi del potenziale che esercitano vestendosi e mostrandosi in un certo modo.
C’è anche da dire, senza temere le ire femministe, che ci sono donne che usano queste armi per raggiungere “obiettivi mondani”.

Le ragazze che si prostituiscono in strada di solito non indossano giacca e pantaloni. Il loro abbigliamento lancia messaggi volutamente inequivocabili.
In una società in cui tutto è permesso, in questa logica dove tutto è lecito purché vi sia il consenso, in questo clima intriso di sensualità si può leggere una forma di disprezzo nei confronti del corpo femminile sempre esposto, nel mondo patinato della moda e della pubblicità, del cinema, a mandare messaggi a sfondo sessuale

Tutto poi esasperato dalla facilità con cui il sesso viene esercitato.

Sempre prima e non sempre all’interno di una relazione stabile

Purtroppo le invasioni di massa di migranti irregolari rendono la situazione ancora più difficile da gestire.
Un corpo troppo scoperto può diventare “golosa preda” agli occhi di giovani perduti in un Paese straniero.

Giovani arrabbiati perché non hanno trovato quello che speravano e che riversano il loro livore su donne, le quali, vista la facilità di costumi a cui non sono abituati, diventano capro espiatorio.
Questa è una realtà con la quale dobbiamo fare i conti.

LE PULSIONI che caratterizzano naturalmente l’essere umano hanno bisogno di essere dominate ed orientate allenando soprattutto la volontà

Il pudore è stato messo da parte per lasciare spazio ad una sensualità che stuzzica e inganna.

Il rispetto reciproco invece è una conquista che va desiderata da entrambi.
L’uomo, avendo riguardo nei gesti e nel linguaggio verso la donna, la donna, esprimendo femminilità senza scadere in volgare provocazione.

TORNANDO ALLA riflessione iniziale quando si dice che INDOSSARE BIANCHERIA SEXI NON È UN SÌ, o GIRARE CON MINIGONNE INGUINALI NON È UN SÌ, mi verrebbe da dire che se non è un SÌ è qualcosa che un po’ gli assomiglia

Le vetrine dei sexi shop, per pubblicizzare la merce, non espongono sai francescani…

Se qualcuno entra in quei negozi sa che non troverà libri di cucina perché l’esposizione di ciò che vendono è chiara.
Il proverbio dice che “l’abito non fa il monaco” per mettere in guardia contro i giudizi superficiali.

La variante però “l’abito spesso fa il monaco” indica che l’abbigliamento può influenzare sia la percezione che diamo agli altri sia il nostro stesso comportamento e stato d’animo

Concludo dicendo che per mettere un freno a queste insopportabili violenze non è sufficiente organizzare marce, eventi, manifestazioni, salotti televisivi.
L’altro/a non è un oggetto che mi appartiene ma un uomo, una donna con identità propria.

È importante recepire questo concetto.
La società narcisista e autoreferenziale non aiuta però in tal senso.

L’idea che tutto posso purché mi faccia star bene alimenta la violenza in quanto vede nell’altro un ostacolo alla propria realizzazione

Sono moltissime le forme di violenza alle quali oggi assistiamo e che hanno come origine sempre la medesima fonte: IO sempre ed in ogni luogo.

Quell’ io esasperato che permette ad una società di uccidere anche i propri figli dal grembo.

“Manifestare con la violenza per una giusta causa significa non solo invertire l’intenzione, ma anche andare a colpire persone innocenti”
(Emanuela Breda)

Angela D’Alessandro
Comitato “ Pro-life insieme “
www.prolifeinsieme.it

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