A sinistra spuntano i revisionisti del regime covid

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Eccoli, i revisionisti, o se preferite una versione più adatta alla nostra epoca commerciale, i revisori dei conti con la storia e col presente. Sono quelli che pur avendo biografia, fama e militanza di sinistra, nei partiti o nei giornali di sinistra, stanno assumendo davanti al covid e al virus grillo-sinistro al potere, posizioni difformi rispetto al Pensiero Uniforme.

Fotografiamo prima il paesaggio con una panoramica: quasi tutte le fonti ufficiali d’informazione e controllo delle opinioni sono in mano alla Premiata Ditta “Politically correct”, perfino motori di ricerca e piattaforme social. Da noi come in quasi tutto l’Occidente, versione semi-liberal del modello cinese. A questo paesaggio uniforme, si oppongono piccole isole di resistenza e dissenso, come la nostra da cui vi scriviamo, e un vasto dissenso popolare, unito a disagio, che però resta molecolare, non si fa movimento, al più malumore elettorale.

Il conformismo vigente

Però nel conformismo vigente, la cui banda d’oscillazione in chiave politica varia da Conte a Zingaretti, nella caserma dell’antitrumpismo, versione mondiale dell’anti-sovranismo, c’è qualcuno che getta l’uniforme e stacca la sua voce dal coro cinese. E noi dobbiamo prenderne atto, e sentirci confortati.

Per esempio Federico Rampini, lucido analista de la Repubblica e in tv, offre una veduta generale del mondo, degli Usa, della lotta elettorale Trump-Biden piuttosto difforme. Dice la verità, racconta l’altra America lasciata in ombra, i risultati positivi dell’economia statunitense sotto Trump; racconta perfino esperienze personali di sanità pubblica ai tempi del covid negli Usa, che stravolgono il luogo comune che da noi la sanità è per tutti, umana e inclusiva, negli Usa no, è solo a pagamento e negazionista.

Rivede i dati, fa capire che ottantamila infetti negli Usa non sono la Catastrofe, perché in proporzione alle popolazioni sono meno dei nostri ventimila. E pubblica i suoi articoli su un giornale come la Repubblica dove la stragrande maggioranza di chi scrive e chi legge, considera Trump il Mostro da abbattere e il sovranismo come il Male Assoluto.

Saviano

Ma anche ai vertici de la Repubblica un direttore venuto da Israele e da giornali destrorsi come Maurizio Molinari segna almeno sui temi di politica estera una mezza svolta rispetto al consueto milieu del giornale di Eugenio Scalfari (aprite una raccolta di firme in suo onore per difendere il suo buon nome dalle deliranti articolesse che pubblica in età così avanzata).

Ma Rampini non è una pecora nera (anche se a vederlo con la bianca chioma sembra più la Levi Montalcini che una pecora nera). Ha sorpreso in tanti Roberto Saviano che sulla rivolta di Napoli ha scritto cose di buon senso e ha criticato aspramente, il governo in carica, l’ignoranza al potere, e tutto il resto. È stata una lieta sorpresa.

Sorprendente è pure l’amore di Aldo Nove per Trump. L’aperta professione di tifo per lui – “unico punto di riferimento mondiale” contro “Il nuovo ordine mondiale”- e la sua insofferenza per il conformismo dominante piegato a venerare Conte, la sinistra, travaglio, la repubblica e il regime vigente. Vi sto parlando di gente che non ha smesso di essere di sinistra; con radicate convinzioni, ma che riesce a vedere le cose con due occhi e non con un occhio solo o con le lenti affumicate dai salamelecchi di regime.

Mainstream

Mai sottomesso al mainstream epocale è Massimo Cacciari, indomito pensatore e infuriato commentatore tv contro la demenza militante di questo governo; e non lontano dal lui, nel regno dei filosofi, è apparso in tema di pandemia, Giorgio Agamben che abbiamo più volte citato perché anche lui denuncia la dittatura sanitaria e l’omologazione nel nome della paura e del terrore. Onesta ammissione quella di un’altra firma e volto televisivo della sinistra, Claudia Fusani che ha fatto mea culpa su Bertolaso, chiedendogli scusa per gli attacchi sconsiderati di qualche mese fa; ma di quel coro solo una voce, la sua, ha avuto il coraggio di rivedere la sua posizione alla luce dei fatti.

Un elogio a parte merita Piero Sansonetti, da sempre voce libera e garantista della sinistra radicale. Da ultimo ha difeso con onestà e coraggio quel che per lui era e resta un fascista, Gianni Alemanno. Ha detto che la sua condanna a sei anni (il doppio di quanto chiedeva la stessa accusa) è una sentenza politica. Col paradosso che si condanna il corrotto ma non il corruttore. E che la sentenza arriva rapida e feroce, in pochi minuti, stralciando cioè isolando solo un sindaco tra i tanti che avevano taciuto o favorito il comitato d’affari e malaffari su Roma.

Onore 

Onore a Sansonetti, venuto da Rifondazione comunista e dal mondo militante della sinistra, senza esserne affatto pentito. E onore anche a Marco Rizzo, comunista d’antico pelo (ma lui è pelato integrale, più ducesco che leniniano) per le sue battaglie contro il regime conformista e l’aspro gusto di raccontare cose vere. Inutile dirvi di Diego Fusaro, da tempo contro il pensiero uniforme. E su altri piani Luca BizzariAntonella Borallevi, perfino la mite Susanna Tamaro

Ne ho citati solo alcuni, altri ce ne sono, anche tra cantautori, attori e non poche teste pensanti ma isolate; molti lo pensano ma non lo dicono, almeno in pubblico, qualcuno lo dice in privato. È un segno confortante in mezzo a tanto sconforto. Perché poi c’è il plotone dei conformi che marcia con l’uniforme, si fa altoparlante del regime politico-culturale, e detta la linea, agitando sempre l’antifascismo e i suoi succedanei. Ma quando vedi che il paesaggio non è uniforme e si anima, sorgono altre visioni e revisioni, ritrovi un filo di speranza che si possa riattivare qualcosa che è stato messo in lockdown: il pensiero libero. E ribelle, quando è il caso. E questo è il caso.

MV, La Verità

 

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