Un referendum contro la guerra

Intervista ad uno dei promotori dell'iniziativa

Un referendum contro la guerra.Enzo pennetta, esponente del comitato promotore dei referendum ripudia la guerra.

Lo abbiamo incontrato per discutere in merito alla presentazione dei quesiti da sottoporre a Referendum, che avrebbero il principale scopo di abrogare l’invio di armi da parte dell’Italia all’Ucraina.

Dottor Pennetta, questi quesiti referendari hanno lo scopo di limitare, l’influenza italiana nel conflitto ucraino?

Di azzerare queste pessime leggi che consentono, l’invio di armi a dei paesi in guerra.

Spesso in questi anni la Corte Costituzionale e la Corte di Cassazione hanno, impedito la celebrazione di alcuni referendum. Teme un loro intervento?

Esiste il rischio purtroppo. Ma qui bisogna ragionare per livelli. Se ci poniamo solo ed esclusivamente l’obiettivo di abrogare la legge, il rischio della bocciatura esiste.

Se invece pensiamo che raccogliendo firme, facendo banchetti, possiamo arrivare a sensibilizzare migliaia di persone ed ad avvicinarle a un tema che non deve restare solo nei sondaggi, allora abbiamo altre aspettative.

La politica deve tornare a confrontarsi con le persone. E coinvolgendone molte, avremmo comunque il risultato di aprire seriamente il dibattito. Non dobbiamo pensare solo al risultato finale ma tutto a quello che, lungo il percorso si può innescare con l’iniziativa.

Uno dei problemi lamentati da varie giuristi, è che se anche un referendum viene accolto, non c’è un vincolo legale per il Parlamento a non rimettere sostanzialmente in piedi la legge. Non pensa che questo abbia un po’ minato, l’autorevolezza dell’Istituto referendario dal nostro paese?

Sicuramente in passato è successo. Però dobbiamo ammettere, che questo è un argomento estremamente più sensibile di altri, ad esempio di carattere amministrativo.

Un parlamento che disattendesse la volontà popolare su un argomento del genere, farebbe una cosa molto forte. In ogni caso comunque un atto del genere avrebbe una ricaduta.

Vorrei vedere la faccia di un politico qualsiasi che, dopo un voto Popolare contrario, rifà una legge così grave,che lo viola, come si ripresenterebbe alle prossime elezioni?

Al di là delle ragioni di tipo giuridico, ce ne sono sicuramente alcune di natura politica. Che portano ad una critica implicita critica della politica estera italiana. Lei crede che, differentemente da quanto afferma la maggioranza della stampa, ci sia una visione differente che ridiscutere l’immagine dell’Ucraina quale unica vittima e paese aggredito nella guerra?

La stragrande maggioranza dei giornali, non ha tenuto conto del fatto che il conflitto è iniziato nel 2014. Che inizialmente le parti erano inverse. Del non rispetto degli accordi di Minsk.
Riportare il dibattito ad una visione più ampia, sarebbe già un buon successo.

I media non dovrebbero limitare la cronaca degli eventi, alla visione di un campo ristretto. Sembrano non volersi allargare all’entità complessiva della situazione.

Sarebbe importante, se si ottenesse come risultato, il costringere a guardare al problema delle sue origini e non partendo solo da un anno fa.

La stampa ha spesso offerto una visione dell’Ucraina, come di un paese forte ed anche capace di respingere la Russia. Ma recentemente si è dato spazio ad opinioni di dissenzienti. Autorevoli strateghi italiani ed americani, hanno sostenuto che probabilmente il conflitto non potrà finire con la totale ricacciata dei russi dal territorio ucraino…

Un motivo in più per interrompere quella che è veramente diventata un’inutile strage. Chiunque capirebbe che è impensabile che la guerra finisca, con la totale dei debacle della maggior potenza nucleare mondiale. Quindi mandare più armi fa soltanto morire più Ucraini. Quando si poteva già otto mesi fa negoziare un cessate il fuoco ed aprire delle trattative.

Arriveremo a queste trattative, con anni di ritardo , se tutto va bene. Se tutto va male addirittura rischiamo un escalation con bombe nucleari tattiche, che rischierebbe di allargarsi anche al resto d’Europa.

Tutto questo continua a dimostrare la necessità di fermare l’invio di armi. Nella migliore delle ipotesi inviarle corterà la vita ad altre decine di migliaia di ucraini.
Nella peggiore arriveremo ad una catastrofica devastazione nucleare, almeno di buona parte dell’Europa, già devastata dalle sanzioni.

L’opinione pubblica italiana, al di là delle differenziazioni di merito interne, è largamente contraria all’invio di armi. Crede che questa contrarietà potrà essere riunita in un movimento trasversale anti guerra, al punto da costringere il Parlamento ad una sterzata in politica estera?

Già da queste osservazioni, e dai sondaggi, traiamo il dato che esiste una maggioranza trasversale. Circa il 60% di italiani che votano sia per i partiti di governo che di opposizione sono contrari all’invio di armi.

L’idea intelligente di questo comitato è stata di nascere con la condizione che non ci siano bandiere di alcun partito.
Chi va a votare risponde solo al quesito, non vota con o contro alcun partito. Vota solo sulla domanda posta sulla scheda elettorale.

Quindi non c’è alcun motivo per il quale la maggioranza non dovrebbe riproporsi alle urne.

Viste le ultime dichiarazioni di Donald Trump, lei crede che se alla Casa Bianca tornasse lui le cose potrebbero cambiare?

L’esperienza passata, ha mostrato un Trump che non ha iniziato alcun conflitto. Certamente le cose potrebbero cambiare.

Però, se tutto va bene, bisognerà aspettare almeno un anno e mezzo. Nel frattempo bisogna agire. Fare il possibile per fermare questa corsa a quello che io chiamo il cupio dissolvi dell’Europa. Cioè questo desiderio di autodistruzione che sembra aver preso tutti i governanti europei, che vogliono correre ad un riarmo.

Pare di trovarsi di fronte all’interventismo italiano della Prima Guerra mondiale. Cioè ad una inutile strage , per ottenere qualcosa che si sarebbe ottenuto anche trattando.

Quindi un Trump che vince le elezioni potrebbe risolvere il problema, ma noi dobbiamo per forza di cose agire prima. Innanzitutto perché non siamo sicuri che le vinca. E poi perché la catastrofe potrebbe essersi già verificata. Dunque dobbiamo fermare quell’ ingranaggio italiano che continua ad inviare armi, all’interno di una molto più grande macchina.

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