Un di spettacolo

La pochezza di una persona ai suoi massimi livelli

No, non è un errore di battitura o di grammatica, manca proprio una parola. Volutamente. Ieri, giovedì 13 dicembre 2018, è andato in scena un bel concerto a Firenze. Il concerto di Mario Biondi. La sua musica può piacere o non piacere; sicuramente è una persona che sa stare sul palcoscenico e che sa circondarsi di musicisti eccellenti: il bassista è fenomenale e il batterista (17 anni) ti incanta.

In parallelo al concerto, anzi a braccetto del concerto, simbiotica, c’era un’iniziativa di un gruppo fiorentino di cui faccio parte: i Cavalieri di Sant’Appiano. Questo gruppo, per mera informazione del lettore, cerca a suo modo di fare beneficienza. E ieri ci ha messo un bell’impegno acquistando 350 (dico trecentocinquanta) biglietti del concerto, pubblicizzandolo per tutta Firenze aggiungendo il proprio logo, mettendo per ogni seduta della sala un calendario ed un bell’opuscolo che spiegava chi fossero.

Tutte le prime file dell’ObiHall erano completamente riempite dai Cavalieri, dalle loro dame e dai loro ospiti (che per beneficienza hanno pagato il biglietto più caro). Vestiti in smoking, con il cappello da cuoco distintivo e con il mantello. Il sig. Biondi ha pure fatto apprezzamenti su come fossimo il pubblico più elegante che avesse mai visto, sul fatto che anche lui avesse due mantelli a casa. Gli è pure stato regalato un cappello.

Ora io non voglio fare i conti in tasca a Biondi, ma se moltiplichiamo per 350 il costo del biglietto, è facile immaginare quanto si sia messo in tasca. E si sa: fatto la grazia, gabbato lo santo.

Ci sono state, durante il concerto, alcune citazioni di grandi cantanti italiani: Pino Daniele, Lucio Dalla e, inconsapevolmente da parte di Biondi, Mia Martini: piccolo uomo.

Ma forse Mia Martini sarebbe fin troppo generosa, perché per essere un piccolo uomo, prima bisogna essere un uomo. Ed è qui che il titolo prende corpo. Lui è solo “un di spettacolo”, perché un UOMO di spettacolo si sarebbe comportato diversamente.

Un uomo avrebbe avuto almeno una parola di ringraziamento per chi, senza mettersi in tasca una lira, anzi devolvendo il surplus alle persone bisognose, gli ha riempito gran parte della sala. Magari una battuta, un accenno. Invece nulla. Dal palco e dalla sua bocca non è uscita altro che boria. Abbiamo aspettato fin da ultimo, fino ai ringraziamenti: grazie ai musicisti, ai tecnici del suono, agli assistenti, alla produzione, a Marcello che guida il camion, a Grazia, Graziella e grazie al. Ma grazie ai Cavalieri di Sant’Appiano non l’ho sentito né io né chiunque altro fosse presente in sala.

E poi l’apoteosi. Quattro cavalieri (non tutti e 50) ed una giornalista siamo saliti nei camerini per fare non un’intervista (giammai, il maestro era stanco, povero cucciolo) ma una semplice foto, forse persino da pubblicare su un giornale. I membri della banda anche se stanchi si sono prestati di buon grado: del resto 30 secondi della loro vita costano poco. Il maestro si è rinchiuso nel suo camerino (o caverna?) e non è più uscito. Era evidente che finché non fossimo andati via noi, lui sarebbe stato lì. A meditare sulla pochezza di certe azioni.

Caro (anzi, carissimo) Mario, è stato bello aver assistito a tutto questo, perché ci hai dato modo di capire chi in realtà tu sia.

E per citare un cavaliere Sir Palazzinaro dell’Urbe: “Abbiamo esiliato Dante, poeta divino, c’importa una sega dell’illustre canterino.”

il non tuo

Sir Tacchi a Spillo

Onore, Rispetto, Gloria

I Cavalieri di Sant’Appiano con il bassista
I Cavalieri di Sant’Appiano con il batterista

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