Tifo criminale, ritratto dei più potenti capi ultras

TIFO

Tifo criminale – I capi ultras fanno il buono e il cattivo tempo, dentro e fuori lo stadio. Personaggi che non hanno nulla in comune con il tifoso vero, che fanno della ‘curva’ il loro impero, che hanno legami con la malavita e che spesso hanno una fedina penale lunga più di uno striscione. Vicinanza alle cosche, appartenenza a gruppi estremisti, reati, Daspo, carcere, morte.

La parola “tifoso” trova la sua origine nel comportamento dei malati di tifo: come questi ultimi avevano improvvisi e periodici attacchi febbrili, cosi’ i “malati di sport” sono soggetti a sfoghi domenicali, poco frequenti, ma di grande intensità. Più che di sport sembrano malati di tutt’altro però.

Milan: Luca Lucci è il leader della Curva sud. Lucci vanta un curriculum criminale di tutto rispetto. È stato condannato a 4 anni e mezzo per lesioni al tifoso interista Virgilio Motta: un pugno in pieno volto nel derby del 15 febbraio 2009, per cui la vittima ha perso un occhio. Motta, qualche anno più tardi, si è tolto la vita. Nel 2018 patteggia un anno e mezzo di carcere per droga. Alcuni dei traffici avvenivano nei locali del Clan 1989, lo storico ritrovo della tifoseria rossonera a Sesto San Giovanni. Nel mese di giugno 2019 a Lucci è stato sequestrato 1 milione di euro e al Clan1989 sono stai posti i sigilli in quanto “base operativa per riunioni attinenti il traffico di stupefacenti e per ritiri o consegne di droga anche in contesti di criminalità organizzata“.

Nel 2016, divenne noto il nome del capo ultrà della Juventus e poi consulente del club per i rapporti con la tifoseria: Raffaello Bucci. Lo “suicidarono” buttandolo, molto probabilmente, da un viadotto, pochi giorni dopo essere stato interrogato dalla procura di Torino sui rapporti tra ‘ndrangheta e la curva della Juventus. Bucci era anche un informatore dei servizi segreti. A quasi tre anni di distanza, dopo che il caso era stato archiviato come suicidio, la salma è stata riesumata. Molte (troppe) cose non tornano. Vedremo. 

 

Genny prima del match organizza la tifoseria che orchestra per rumoreggiare quanto basta per non permettere l’inizio del match. L’Italia è incredula, l’allora capitano del Napoli Marek Hamsik è chiamato a rapporto per trattare con De Tommaso l’avvio della partita. “È vivo” gli spiega lo sloveno, “Se menti ti vengo a pigliare” gli risponde Genny. De Tommaso, in bilico sulle transenne che dividono la curva dal campo con una mano spiega le sue rimostranze ad Hamsik, addetti della Federazione e forze dell’ordine, con l’altra tranquillizza e riferisce alla curva; e con la maglietta, impossibile da non notare con centinaia di telecamere addosso, chiede la scarcerazione di Antonio Speziale, il giovane catanese indagato per la morte del poliziotto Filippo Raciti. 

Una maglietta “Speziale libero” diventata effettivamente di colpo famosa quella sera e quasi parte integrante di quella trattativa che alla fine avrebbe ritardato l’inizio della partita di un’ora, di fronte ai presidenti di Coni, Figc, Lega, che restano impietriti dall’imbarazzo, nonché davanti a Matteo Renzi, ai tempi Presidente del Consiglio, che non muove un dito.

Quando, dopo un’ora, arriva il via libera del Prefetto di Roma, l’impressione vivida fu che l’ok in realtà fosse arrivato dallo stesso Genny ‘a Carogna.

C’è anche chi dalla curva è scappato e oggi fa il latitante in Costa Rica. Come Andrea Fantacci, ras storico delle disciolte Brigate Gialloblù dell’Hellas Verona. Oggi la curva veronese si autogestisce, tifo spontaneo “all’inglese”: basta gruppi e basta capi. Troppo riconoscibili. Troppe grane con la giustizia, quando i magistrati mettono sotto torchio le tifoserie turbolente. 
 
Un mese fa è toccato agli Irriducibili della Lazio, dopo la morte di Diabolik lo storico gruppo si è sciolto, 33 anni di storia, tanto sangue. Troppo sangue. Se questo è tifo.
 
 

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