Sulla morte di Martina voglio dire la mia
Mi sono stancata di leggere troppi commenti in questi giorni davanti ai quali non posso che rimanere “perplessa” dopo l’omicidio di Martina, e ora voglio dire la mia in modo ancora più chiaro.
Si continua a giudicare una ragazza di 14 anni (per la precisione 15 quest’anno perché era in prima Superiore) per essersi innamorata troppo presto, per aver vissuto le sue emozioni con l’intensità tipica della sua età. Si criticano i suoi genitori per aver cercato di gestire la situazione accogliendo quel ragazzo in casa, forse nel tentativo di comprendere meglio la relazione.
Si punta il dito sulla differenza d’età, dimenticando che molti di noi hanno relazioni con anni di scarto e che in passato era normale che a 16 anni si partisse per la guerra o si crescesse una famiglia.
Ma il vero problema è un altro: un ragazzo di 18 anni che non ha saputo accettare un “no”.
Un giovane che, invece di rispettare i tempi e le decisioni di Martina, ha scelto la via più vile: la violenza.
Dopo averla uccisa, ha avuto la freddezza di mentire, di mostrarsi tranquillo, di recitare la parte del bravo ragazzo.
Martina aveva 14 anni. Aveva tutto il diritto di innamorarsi, di dire no, di cambiare idea.
Lui aveva 18 anni. Era abbastanza grande per capire cosa significano amore, rispetto, responsabilità.
Eppure molti continuano a cercare colpe altrove, a giustificare l’ingiustificabile. Così, Martina viene uccisa due volte: da chi l’ha colpita fisicamente e da chi oggi, con le parole sbagliate, la ferisce di nuovo.
Io scelgo da che parte stare. E non è dalla parte delle giustificazioni.
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