Se il tg diventa un’irreality show

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Alle otto della sera, ogni sera, va in scena la recita, lo spettacolino. Polvere di stelle con cipria giallorossa. Come al circo o al teatrino, compare un Palazzo coi fari di scena bianco, rosso e verde: è la dimora delle Fecce Tricolori. Comincia la novena, il teatrino in lode del governo e del buon dio che ce lo ha mandato in terra. Eravamo abituati al servilismo dei tg, ma qui siamo a una forma di regime assiro-babilonese, temperato solo dal ridicolo. Otto volte su dieci, l’ho contato, il suddetto spettacolino comincia con uno strillo: Conte. E tutti i telespettatori si devono alzare in piedi e dire “Ora pro nobis”.

Poi si vede lui, il Ninì Tirabusciò di Palazzo Chigi, che corre, scende le scale, fa tutto in velocità, parla, posa, recita, fa finta di governare e decidere. Ogni giorno, ogni sera, la scena si ripete, come nelle vite dei santi. Poveri mentecatti un tempo definiti giornalisti, svendono gli ultimi bricioli di dignità professionale, ridotti a latrare lì fuori dal Palazzo come mendicanti di saliva e incensare lui e la sua Corte dei miracoli. E a svolgere il ruolo di popcorn, devono intrattenere perché a un certo punto si manifesterà lui, il Prestigiatore del Consiglio, e farà la sua recita incentrata sul tema “Quantosonobravo show”, in cui spiega come “noi fenomeni, imitati in tutti il mondo, faremo, daremo, salveremo il paese”. Ogni sua comunicazione è coniugata al futuro e si autocongratula.

Neanche i dittatori o i presidenti eletti direttamente dal popolo si rivolgono con tale frequenza e con tale supponenza alla tv, scavalcando governo, parlamento, quirinale, guardie svizzere… Si capisce che la sua recita ha una sola finalità: campare sulla disgrazia, lucrare consenso sulla paura. Non c’è Natale che tenga, la messa la dice direttamente Conte in tv, messa cantata col Me deum finale; la preghiera si chiama in sigla dpcm, acronimo che sta per Dio Protegge Conte Miracoloso.

Ma il tg in questione non si esaurisce alla messa in gloria di Conte. La giornata politica viene scandita da una formula fissa: Uno, apologia del governo in carica; Due, breve intermezzo molesto che comincia “dall’opposizione” per avvertire come sui pacchi funesti di sigarette, di non credete a quello che vi riferiremo in questo minuto; Tre si conclude con l’Apoteosi della maggioranza, il defilé dei grillini in testa, che mandano a memoria le loro gag e rassicurano il gentil pubblico che tutto va nel migliore dei modi, nessuno verrà lasciato indietro. Dai, fate un’eccezione, lasciatemi indietro, andate avanti voi che a me viene da ridere.

Ma il teatrino non finisce lì, si compone di due pezzi fissi. Uno è il siparietto col virologo, la virologa, la veterinaria spacciata per oracolo, l’esperto a pagamento. Che dice ogni giorno cose sconvolgenti: non abbassare la guardia, usate le mascherine, non assembratevi, i vecchi rischiano; poi giustifica tutto ciò che fa il governo, e fa previsioni pari a quelle di qualunque passante, generiche, banali, fondate sull’ovvio o sull’auspicio, senza alcuna base scientifica. Solo acqua fresca, anzi scaldata, del giorno prima. Il messaggio è sempre uno: non mollate, comportatevi bene sennò arriva la terza ondata… così dissero alla seconda, così diranno alla decima…. Guinzaglio per tutti, museruola per gl’infedeli.

La cosa più losca è l’uso propagandistico della malattia. Se intervistano una persona appena uscita dalla terapia intensiva, gli fanno dire non la prima cosa che viene spontanea a quel punto: il pensiero ai famigliari, ai medici, la disperazione, la fede… No, ma sempre qualcosa in polemica con chi non crede al covid, l’ateo. Figuratevi se uno che l’ha passata così brutta, dopo un mese di isolamento, paura e sofferenza, torna in vita e in quel momento la sua prima preoccupazione è polemizzare con gli scettici sul virus.

Gli tolgono il tubo e lui per prima cosa attacca: “E voi che non ci credevate!” Si capisce subito che l’osservazione è preceduta da una domanda fuori campo e servizio: cosa risponde a chi non crede al covid o lo sottovaluta? Ora, capisco il fine pedagogico, ammaestrare i cittadini, spaventarli, chiudere la bocca a ogni dissenso col terrore delle immagini; ma qui siamo oltre la realtà, in una specie di horror fiction per impaurire i bambini deficienti.

Ma la cosa che più colpisce è la differenza tra ciò che senti in giro e ciò che appare nella recita televisiva. Quando cammini per strada, incontri, ascolti al telefono amici e parenti, sconosciuti e conoscenti, senti gente che non ce la fa più, che critica, a torto o a ragione, i provvedimenti del governo, che non sopporta gli show di Conte, che è arrabbiata perché ha perso il lavoro o ha dovuto chiudere, angosciata per la mortalità record, sfiduciata, demoralizzata, polemico sui decreti che cambiano ogni giorno, sui colori delle regioni, sulle prescrizioni ridicole per il cenone.

Invece senti la recita televisiva e sei su un altro pianeta: tutti sono contenti delle misure, accettano come soldatini ogni decreto, ne vantano la giustezza o la necessità, nessuno che mai osi mormorare, dissentire, lamentarsi. Persino le statistiche vengono stravolte. Un altro paese, opposto quello reale. Un reality tipo l’isola dei fumosi. Ma perculatevi tra voi, lasciate stare noi.

Se non fosse tutto così malfatto, ridicolo, pacchiano, direi che il tg venga confezionato a Pechino e poi mandato – col virus e le mascherine – da noi. Ho citato solo un tg perché è la punta di demente dell’informazione, ma i tg mediaset, telecairo o del sultanato non sono meglio. Consiglio finale: non vedete i tg, fate altro; o vedetelo con le cuffie ridendo solo delle comiche, senza il sonoro; consideratelo solo una striscia di Telepechino o Telecasalino. È l’irreality show del tg uno-vale-l’altro.

La Verità

 

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