Salvini e il capo ultrà del Milan, fischio di inizio della polemica

Il ministro dell'Interno e leader della Lega Matteo Salvini (S) mentre saluta Luca Lucci capo dei tifosi del Milan in occasione della festa del tifo organizzato del Milan per i 50 anni della Curva Sud Milano, 16 Dicembre 2018. ANSA / MATTEO BAZZI

Matteo Salvini è di nuovo al centro delle polemiche, da noi pressoché perenni, per aver stretto la mano, da vecchio conoscente, a Luca Lucci, capo ultrà del Milan.

Lucci è una perfetta incarnazione del diavolo rosso nero, tra condanne e Daspo ha un curriculum criminale di tutto rispetto. 

Nel 2009 acceca un tifoso interista con un pugno – tifoso che si toglie la vita nel 2012 – alterna poi il carcere a 3 Daspo, fino a un recentissimo patteggiamento a un anno e mezzo per droga. Nel 2006, tanto per non farsi mancare niente, presta l’auto a un Tizio che ne ha un certo bisogno, deve sparare ad un avvocato, mica ci poteva andare a piedi; gli amici del resto si vedono nel momento del bisogno. 

Insomma, il buon (si fa per dire) Lucci, è uno che si tiene allenato. 

Che ci fa un soggetto del genere a braccetto con il Ministro dell’Interno? Niente, è piuttosto scontato, e su questo penso che siamo tutti d’accordo – Salvini compreso.

Proviamo a contestualizzare la faccenda, la prospettiva cambia, almeno ai miei occhi: siamo alla festa della Curva Sud del Milan, non ad un ricevimento al Viminale; Salvini non ha mai fatto mistero di essere tifosissimo milanista né di essere stato in Curva Sud per anni – pertanto ci può stare che vada ad un mega evento calcistico.

Il punto mi pare proprio questo: non stiamo osservando una foto rubata in un losco vicolo, che lasci immaginare torbidi rapporti tra politica e tifoseria criminale, sono in mezzo alla gente, alla luce del sole.

I due si conoscono per essere stati allo stadio insieme, si incontrano di nuovo dopo anni: che doveva fare Salvini, ignorarlo? Farlo arrestare?

Preferisco un politico che ha le palle di stringere la mano ad un ultrà come ai vecchi tempi, ad un trombone che dimentica il passato guardando altrove – per essere politically correct. 

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