Il pasticciaccio delle liste dei presunti putiniani. Ecco da dove li ha presi il Corriere

Il Corriere conferma di aver preso da tre precedenti report i sei nomi di cittadini italiani non contenuti nel testo reso pubblico ieri, ma pubblicati con foto sul giornale del 5 giugno. Perché allora desecretare soltanto l’ultimo?

Propaganda – Da dove vengono nomi dei sei presunti “putiniani d’Italia” pubblicati domenica scorsa dal Corriere? Perché non sono citati nel bollettino del DIS desecretato venerdì? Se la declassificazione del “bollettino ibrido” doveva servire a fugare i sospetti sulle di liste di proscrizione, ha ottenuto  l’effetto opposto. Perché, secondo il sottosegretario Franco Gabrielli, i bollettini dall’inizio del conflitto sono quattro. E proprio il Corriere oggi conferma di aver preso dai precedenti report i sei nomi di cittadini italiani assenti dal testo desecretato. 

Nomi pubblicati con tanto di foto

Nomi pubblicati con tanto di foto sul giornale del 5 giugno: “I nomi contenuti nell’ultimo bollettino sono soltanto alcuni di quelli emersi nel corso di questi mesi durante l’attività di monitoraggio e ricognizione dei contenuti del web e di tutti quei canali dove possono essere diffuse false notizie ai fini di propaganda”, scrivono Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini. La spiegazione delle autrici dell’articolo di domenica scorsa sulla lista di otto “influencer e opinionisti putiniani” italiani (più la russa Maria Dubovikova) con tanto di foto, non chiude il caso. Aggiunge nuovi dubbi. Perché i Servizi non hanno reso pubblici gli altri dossier, tutti inviati anche allo staff del premier Mario Draghi? Perché in quei dossier compariva anche il nome di Vito Petrocelli, ex presidente della commissione Esteri?

Polemiche dopo l’uscita del giornale

Dopo le polemiche per la pubblicazione dei contenuti di un documento che il presidente del Copasir afferma di aver ricevuto il giorno dopo l’uscita sul giornale. Per la presenza nella “lista di proscrizione” dell’ex presidente della commissione Esteri del Senato e di diversi giornalisti. I servizi hanno deciso di desecretare solo il bollettino  di inizio giugno. In cui Petrocelli, però non compare.  Intervistato, Gabrielli, ha assicurato che il nominativo del Senatore non compare in nessun tipo di investigazione.

Petrocelli non inserito nell’elenco del DIS

Nel rapporto “Speciale disinformazione nel conflitto russo-ucraino, periodo 15 aprile-15 maggio” non ci sono né Petrocelli né Alessandro Orsini, Manlio Dinucci, Laura Ruggeri, Maurizio Vezzosi, Claudio Giordanengo e Maria Dubovikova, indicati nell’articolo del Corriere: si citano solo l’economista e pubblicista Alberto Fazolo e il freelance Giorgio Bianchi.

Gabrielli ha presentato il documento negando il dossieraggio, rivendicando che “non si investiga sulle opinioni”. Secondo Gabrielli si sarebbe solo monitorato la “circolazione di fake news“, ma nel bollettino non ne è indicata nemmeno una.

Nono ci sono ne giornalisti ne politici

Il Sottosegretario ha precisato “non ci sono giornalisti né politici” tra le persone attenzionate dall’intelligence. Ecco la domanda, da dove vengono gli altri nominativi? Sono tratti da altri rapporti. Lo conferma il Corriere. I loro nomi, come spiega il quotidiano, sono a vario titolo negli altri report preparati da quando è iniziata l’invasione dell’Ucraina. Allora, perché l’”operazione trasparenza” del Dis non è stata portata fino in fondo? Gabrielli ha smentito fermamente che un parlamentare sia stato “oggetto dell’attività di controllo”. Quindi a schedarlo tra i “putiniani” è stato il Corriere, che l’ha tirato in ballo per la mobilitazione in suo favore di presunti “attivisti filo-Putin” .

Propaganda – C’è stato un mail bombing

Attivisti forse responsabili di un mail bombing verso indirizzi del Senato nei giorni delle polemiche sulla sua permanenza alla guida della commissione? Nell’articolo, il quotidiano di via Solferino ribadisce che Petrocelli era solo l’oggetto del quel mail bombing. Eppure la sua faccia era tra quelle segnalate sotto il titolo “Ecco i putiniani d’Italia”.

Per ora non ci sono risposte. Secondo La Stampa, il premier nei giorni scorsi si è convinto della necessità di un’operazione di “totale trasparenza”. Nei prossimi giorni Draghi se necessario “è pronto a tornare personalmente sull’argomento”. Perché “non accetta di passare per censore“.

Rischio censura

Rischio evidente alla luce dei contenuti del bollettino che cita come propaganda anche “le critiche all’operato di  Mario Draghi. Ritenuto responsabile tra l‘altro dell’aumento dei prezzi, e di aver colpito il popolo italiano con misure sanitarie inutili. Nonché di trascinare il Paese in guerra”. Per la Stampa, qualcuno, “potrebbe pensare che la censura sia macchinata da Palazzo Chigi per soffocare la diffusione di argomenti del genere“. Infine nel momento delle querele contro il Corriere della Sera.  Una è stata già annunciata dal professor Orsini.  Quali prove porteranno le autrici degli articoli? I documenti classificati non possono essere usati come prova.

 

Leggi anche: Compaiono liste di proscrizione

www.facebook.com/adhocnewsitalia

SEGUICI SU GOOGLE NEWS: NEWS.GOOGLE.IT

Fonte IlFattoquotidiano.it

Exit mobile version