Pietro Badoglio. Una scelta sbagliata

La mancanza di credibilità nel rinnovamento di Badoglio

badoglio

La più infausta scelta di Vittorio Emanuele III fu di liquidare Mussolini affidando la sua successione ad un uomo che ne era stato l’ombra durante il regime: Pietro Badoglio.

Non era un fascista della prima ora. Anzi aveva detto, nei momenti della marcia su Roma, che con qualche battaglione avrebbe liquidato il fascismo. Ma, privo di qualsiasi scrupolo pur di mandare avanti la propria carriera, non appena il fascismo divenne forza di governo sì allineò al nuovo corso.

Era riuscito ad avere un incarico diplomatico in Brasile, per poi essere nominato dallo stesso Mussolini Capo di Stato Maggiore Generale. Divenne una figura di primo piano tra quelle che collaboravano attivamente con il capo del Fascismo.

Sostenne l’invio delle divisioni al Brennero a seguito dell’assassinio del cancelliere austriaco Dollfuss. Ma poi fu Badoglio stesso a curare gli accordi militari con lo Stato Maggiore tedesco prima dell’entrata in guerra dell’Italia.

Badoglio e la guerra d’Etiopia

Tutti lo ricordavano come il vero vincitore della guerra d’Etiopia, l’uomo che alla testa delle truppe italiane vittoriose era entrato nella capitale nemica. Celebrato da un Mussolini fu fatto Duca di Addis Abeba.

Convinto assertore dell’intervento nella guerra di Spagna e dell’occupazione dell’Albania. Non ebbe nulla da dire quando Mussolini decise di invadere la Grecia. Non si contrappose neanche al resto del conflitto fin quando i disastri militari, che avvenivano anche per sua colpa, non misero in evidenza le sue importanti responsabilità nella debacle militare.

Fu in quel momento che, inviso a molte figure del regime, ma anche a molti italiani in generale, si dissociò.
Diciamo che volgarmente abbandonò la barca quando stava andando a fondo.

Un personaggio che non piaceva a nessuno

Nessuno poteva credere nella veridicità di un rinnovamento con un personaggio simile a capo del governo. Badoglio aveva ovviamente contro i fascisti, ma pure gli antifascisti non si fidavano di lui. Il suo nome non entusiasmò alcun italiano.

E certo Badoglio non era uno dei personaggi con cui gli alleati si sentivano più garantiti ad aprire trattative, quale uomo che fosse oltre il regime fascista.

Il più grande collaboratore militare di Mussolini non poteva incarnare agli occhi di costoro il rinnovamento. Nessuno gli credette quando condannò la politica estera e militare del Fascismo. Poiché egli era stato un attore attivo di quella politica estera che ora rinnegava e non poteva scrollarsi di dosso le responsabilità così semplicemente.

Il filo di corresponsabilità che legava Badoglio, uomo della monarchia (colpevole essa stessa), con gli errori della dittatura fu un fattore di grande delegittimazione. La debolezza di un Governo che temeva il ritorno di fascisti, che invece si sbandarono in quei giorni, e non riusciva a conquistare la fiducia degli antifascisti.

Ancora a pitturare questo quadro ci si metteva la precaria situazione militare del paese. Con l’alleato tedesco che non si fidava assolutamente del nuovo governo e gli alleati anglo-americani che non vedevano in esso un interlocutore affidabile.

 

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