Pasolini, Salò e quella partita persa con Bertolucci (Ancelotti)

Pasolini, Salò e quella partita persa con Bertolucci (Ancelotti)

Umberto Chessari, Romano 65 anni. Una vita spesa al servizio della sua grande passione il cinema. Che poi è diventato il suo lavoro.

Orfano in giovane età deve lasciare gli studi per andare a lavorare.Ma non si scoraggia e giovanissimo gira un film con il grande Pierpaolo Pasolini. Salò o le 120 giornate di Sodoma.

La carriera di attore Non va molto avanti, ma lui è talmente attratto dal mondo del cinema che non vuole mollare e diventa un grande tecnico. Prima un elettricista e successivamente un cameraman passando alla televisione, quando l’attuale Mediaset sta indicando la sua conquista del grande pubblico

– Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini è stato il tuo primo film?

Sì prima di allora non avevo fatto niente né in teatro né al cinema. Ho cominciato con Pasolini.

– Sicuramente hai cominciato alla grande.
Puoi raccontarmi come hai mosso i primi passi nel mondo dello spettacolo?

Premetto che sono stato sempre affascinato dal dallo spettacolo in generale. Il mio povero padre era uno di quelli della vecchia guardia, capo spada elettricista a Cinecittà. Mio padre aveva già lavorato con Pasolini, ad esempio nei Racconti di Canterbury .Io avrei compiuto di lì a poco 17 anni.
Mio padre qualche mese prima era prematuramente scomparso.

 

– E tu decidesti di entrare nel mondo del cinema?

No io volevo andare a lavorare per dare un contributo alla mia famiglia. A casa c’era bisogno, non me la sentivo di sottrarmi.

Fu molto dispiaciuto dal dover interrompere la scuola. Io a quei tempi, pur essendo uno sfegatato della Roma, giocavo anche con la giovanila della Lazio.

Ma dovevo mettere la mia famiglia al primo posto. Oltre che un’esigenza per me era un orgoglio personale, non potevo lasciare la mia famiglia nel bisogno.

Ovviamente mi arrangiamo, ho fatto un po’ di tutto. Il magazziniere, prevalentemente a lavoravo a a giornata.

-Una situazione molto difficile…

Guarda io lo metterei obbligatorio il lavoro, per istruire le nuove generazioni. Non che voglia fare il Matusalemme della situazione o il bacchettone, ogni generazione ha la sua storia. Ogni evoluzione va rispettata. Ma io malgrado tutto mi ritengo comunque un uomo fortunato.

– E come sei arrivato a fare l’attore?

Un amico,Fabrizio Menichini, che poi venne scelto per fare uno dei collaborazionisti partecipò a un provino per Salò, e mi chiese di venire con lui. Così mi convinci anch’io a fare la domanda.

Così trova il giorno del provino davanti a una commissione di valutatori con al centro Pasolini, Tonino Delli, Colliera il direttore della fotografia, Chi era Sergio Citti, Umberto Angelucci assistente di Pier Paolo.

Visita la mia parentela, si commossero quasi. Specialmente Delli Colli perché lavoravano insieme.

-Influenzò l’esito del provino anche la figura e la prematura scomparsa di tuo padre.

Lì veramente si aprì un mondo. Mi tempestarono di domande su quello che stavo facendo, su quello che facesse la mia famiglia.

Erano tutti molto dispiaciuti sicuramente per mio padre.

Poco tempo dopo richiamarono mia madre perché io ero ancora minorenne, e serviva il suo consenso perché potessi girare il film.

– Poi hai lasciato il mondo del cinema però?

In realtà grazie ad uno dei miei zii, che lavorava con mio padre, continuai questo lavoro, stando però dietro la macchina da presa. Lui mi insegnò i trucchi del mestiere.

Poi mi convinse ad iscrivermi al collocamento dello spettacolo ora.
Riuscì ancora in verità, ad apparire in alcune pubblicità ed in un altro film, nel quale mi divertii tantissimo, Il professore venga accompagnato dai suoi genitori con Aldo Maccione.

– Comunque tornando a Salò, sei stato selezionato per un lavoro che al tempo era pagato relativamente bene rispetto alla situazione precedente in cui vivevi.

Accidenti. Era uns bella busta paga settimanale. A tutt’oggi il cinema paga ogni settimana. Solo in TV diciamo che sei un impiegato, io avendo fatto questa esperienza ho avuto scritto sulla mia busta paga per 32 anni impiegato.
Invece al cinema elettricisti, attori, tecnici erano tutti pagati settimanalmente salvo qualche giornaliero occasionale, che chiaramente prendeva la giornata.

-Comunque al di là del fatto che, in una situazione familiare di bisogno, non guastava avere una busta paga sostanziosa, l’incontro con Pasolini era anche prestigioso ed intellettualmente stimolante…

Sì poi noi entrammo anche ulteriormente in confidenza, quando scoprì che alcuni di noi, me compreso, giocavano a calcio.

– Pasolini era appassionato di calcio, la cosa è risaputa. Ma come era in campo?

Pasolini era veramente un grandissimo appassionato di pallone. Tifoso infervorato del Bologna.

Amava moltissimo il calcio. La famosa squadra delattori e cantanti, fu una sua invenzione. Tutto per beneficenza. Una volta si giocò anche contro le vecchie glorie del Bologna calcio con questa squadra, che ovviamente stravinsero. Ed oggi quasi nessuno glielo riconosce più.

Tecnicamente debbo dire che era anche valido. Un buon giocatore. Però non passava mai la palla e con questo lui andava a scendere di livello.

-Quindi avresti modo di giocare a pallone con Pasolini?

Giocammo contro il cast di Novecento di Bertolucci, una partita diventata abbastanza famosa. A Parma. Loro vinsero ma furono veramente molto scorretti.

– Cioè?

La regola era che le squadre dovessero essere formate soltanto da persone che partecipavano alle riprese .

Si scoprì dopo, o meglio apparve evidente durante la partita , che c’era un fenomeno con loro in campo. Tale Carletto Ancelotti.

– Ancelotti il grande campione, attuale allenatore del Real Madrid?

Proprio lui. Noi eravamo abbastanza bravi,ma lui era inafferrabile.
Pierpaolo si arrabbiò veramente tantissimo. Si sentì tradito perché lui a queste cose teneva particolarmente.
Non ci mettono mano sul fuoco ma mi hanno detto che litigò di brutto anche con Bertolucci.

Poi, intendiamoci, i giorni successivi si sgonfiò tutto. Però te lo dico veramente alla romana, se ne andò incazzato come pochi.

Pier Paolo non ci stava a perdere.

-Però aveva anche inventato queste sfide per beneficenza. Che ricordo hai di Pasolini?

Lui era una persona di una generosità incredibile. Sul set si preoccupava di tutti. Chiedeva a ognuno come stesse, se avesse bisogno di qualcosa. Era veramente come un papà.Tutti lo ricordiamo così.

Una persona veramente meravigliosa. Un grande intellettuale. Io personalmente l’ho cominciato a capire, leggendo successivamente qualche sua opera. Una grandissima mente. Era un piacere anche ascoltarlo parlare.

Poi aveva dei modi così delicati, eleganti. Una grandissima persona!

-Un vero signore?

Un vero signore di modi e un vero signore di cuore. Lui mi chiedeva sempre di mia madre di mio fratello, sapendo quello che era successo a casa mia.

Ma quale grande regista lo avrebbe fatto? Con tutto quello a cui aveva da pensare…

-Quali sono stati i luoghi nei quali è stato girato il film?

Tra Parma e Mantova e Bologna prevalentemente,con alcune parti a Cinecittà.

A Bologna successe un episodio grottesco.

– Racconta…

A Bologna alloggiavamo in un albergo, ed andavamo a fare colazione in un bar poco distante. Molti ragazzi uscivano con i costumi di scena. Costumi da repubblichini, o da soldati tedeschi.Anche da nazisti dunque.
Qualcuno deve aver fatto una telefonata ai carabinieri perché arrivarono tre auto che bloccano tutta la carovana di ragazzi che andavano al bar, per capire chi fossimo.Che stesse succedendo. Poi ovviamente la cosa finì lì tutti ci mettemmo a ridere quando fu chiarito l’equivoco. Gli stessi carabinieri erano divertiti da quanto accaduto.

– Come ti trovasti in quella esperienza, importante ma ovviamente nuova?

Per me fu una grande emozione lavorare con tanti colleghi che avevano lavorato per una vita con mio padre. Ero veramente tanto orgoglioso, poi come ti ho detto uno zio aveva iniziato a spiegarmi delle cose tecniche.Allora io a volte stavo più con la troupe che con gli altri attori.

Facevo domande, i tecnici intuivano che stavo iniziando a capire i meccanismi ed erano contenti probabilmente perché rivedevano mio padre.

-Tu facevi la parte di un ragazzo catturato, che poi diventa un collaborazionista, giusto?

Sì io faccio la parte di un ragazzo che tradisce i suoi compagni.

Poi tieni presente che molta parte del copione veniva scritta a mano mano, quindi l’ho saputa poco prima la mia parte nei dettagli.

Praticamente c’è un punto in cui giro le spalle ai miei compagni e loro capiscono che li ho traditi. Vado davanti a loro e faccio finta di sparargli.

C’è una scena alla fine con Paolo Bonacelli, dove lui guarda col cannocchiale i ragazzi mentre vengono torturati, ed io sto lì a ridere con lui.

-Che ricordo hai di Bonacelli? Lui era l’attore che aveva l’esperienza più grande, e anche dopo ha continuato con importanti ruoli.

Una persona alla mano, molto semplice.
Sai eravamo tutti i ragazzi molto giovani e Pier Paolo ha creato un clima veramente familiare per cui si riusciva anche ad avere con i grandi un rapporto disteso, non eccessivamente formale.

-Invece degli altri attori che impersonavano i poteri di Salò Cataldi, Quintavalle, che comunque era una figura nota nel mondo soprattutto del giornalismo e Valletti che ricordi hai?

Giorgio Cataldi era uno che faceva continuamente scherzi a tutti. A Roma diciamo, in senso buono ovviamente, che era un “cacacazzi”. Guarda è inimmaginabile non la finiva mai di fare scherzi dalla mattina alla sera.

– Era abbastanza disinvolto quindi, pur non essendo un attore professionista ma mi sembra un commerciante?

Si guarda era sempre a suo agio. Quando c’è quella scena in cui dovevamo mangiare le feci, che ovviamente erano fatte di cioccolata, lui iniziò a lanciarle. Scoppiò una guerra ognuno che lanciava finti escrementi contro l’altro.

-Ma di cosa erano fatti gli escrementi che in realtà, con raccapriccio, gli spettatori vedevano i poveri ragazzi costretti a mangiare?

C’era un apposito catering, che girando in varie località, ci seguiva.

In pratica era un grande camion, con tutta la cucina e la strumentazione.
E venivano fabbricati questi escrementi fatti di cioccolata e canditi che erano veramente buonissimi, in realtà.

-Quindi tra le altre cose sul set si mangiava bene?

Si mangiava divinamente. Non me lo dimenticherò mai.

-Tornando agli attori di cui parlavamo prima. Solitamente dalle ricostruzioni sono emerse negli anni varie critiche verso Aldo Valletti. In molti dissero che non era particolarmente capace sul set, al di là della performance ben riuscita alla fine

Caratterialmente era molto timido. Stava sempre in disparte.

Ne ho comunque un buon ricordo, dal punto di vista umano.
Vagamente ricordo che si scordava spesso le battute.

Ma a me è rimasto impresso soprattutto perché non socializzava molto. Stava sempre da una parte. Era una persona squisita alla fine ma molto timido.
Un ricordo simile lo ho di
Hélène Surgère, che faceva la parte della signora Vaccari. Anche lei molto riservata.

– E degli altri ragazzi che ricordi hai?

Ma si socializzava con tutti. Inizialmente eravamo tutti innamorati di Olga Andreis, che faceva la parte di una delle ragazze sequestrate. Era bellissima.
Poi ebbi una breve frequentazione con Dorit Henke, un’altra delle attrici.

-Però ci sono delle scene molto forti. Per ragazzi e ragazze molto giovani, deve essere stato difficile girare scene completamente nudi, in cui si era in un certo senso degradati, anche se solo per finzione

Ma senti quasi ogni volta si finiva ridendo tutti insieme di queste scene. Anche quelle fortissime in cui delle ragazze venivano prese a forza dai militari e sodomizzate, comunque riuscivamo a farle tranquillamente.

Anche io dovete girare una scena in cui avevo un rapporto con una ragazza. Ed essendo un ragazzo giovane che chiaramente, ero eccitato.

Lei mi ricordo che rideva,e mi diceva: “Ohi stai buono”.

– Ed hai mantenuto i contatti con gli altri ragazzi che lavorarono con te?

Inizialmente si poi ognuno ha seguito la sua strada. Ho risentito Ezio Manni, il ragazzo che viene colto nel film a letto con la domestica di colore, una bellissima Ines Pellegrini, e prima di essere ucciso fa il saluto col pugno chiuso.

Da qualche anno ho ritrovato soprattutto
Maurizio Valaguzza, che è uno dei due ragazzi che ballano nella scena finale e Antiniska Nemour. Però ambedue dopo alcune esperienze successive, si sono occupati di tutt’altro.

-E come è continuato il tuo percorso?

Mi sono buttato anima e corpo, in quel mondo che mi affascinava. Volevo rimanere nel mondo del cinema.

Sono andato avanti anche nel calcio, ma ho giocato fino in prima categoria.
Non feci più grossi lavori come attore, ma sono riuscito a rimanere ancora per nove anni nel mondo del cinema come elettricista. Seguendo quelle che erano state le orme di mio padre.

Mi era veramente entrato nel sangue il cinema.

E comunque si producevano tanti film se riuscivi a fare due o tre film l’anno eri ben pagato e quindi riuscivi anche ad andare avanti.

Un giorno ricevetti una telefonata da un capo squadra, un certo Marcello. Con lui allestimmo tre piccoli teatri, per Canale 5.
Stiamo parlando del 1982, 1983 i primi tempi che la tv commerciale prendeva piede.

Il destino volle che un collaboratore di Paolo Vasile, che poi fu vicedirettore di Mediaset, mi propose di lavorare da loro fisso come elettricista. Mi offriva un buon stipendio, senza precarietà.
E di lì parti la mia esperienza televisiva.

– Hai fatto sempre l’elettricista?

No ho cominciato come elettricista. L’azienda, lo fa a tutt’oggi, dava l’opportunità a chi si impegnava e voleva migliorare di fare anche altro.
Riuscii a diventare prima un tecnico dell’audio , mi specializzai nelle riprese e divenni cameraman.

Miglioramento una grande azienda privata che offre tante opportunità di crescita a chi ha voglia di lavorare.

– Chiudesti con il mondo del cinema?

Inizialmente ancora mi cercava qualche capo elettricista.

Una cosa che mi fece molto piacere fu che, il grande direttore della fotografia, Armando Nannuzzi , che incontrai casualmente mi disse che avevo fatto la scelta giusta. Che il futuro era la televisione, e purtroppo qualche tempo dopo ci fu una grossa crisi cinematografica.

Però il cinema è magico!

– Cosa lo rende magico?

Il cinema ogni giorno è una cosa diversa. E quindi tu devi inventare devi creare. Capisci?

Sei un attrezzista, sei un macchinista, non importa il ruolo c’è sempre qualcosa di nuovo da creare con un arredatore. Al di là del reddito delle indicazioni che poi ti danno.

Ogni giorno devi agire su una singola scena. Devi dare il meglio di te.

-Ma anche in TV hai conosciuto personaggi interessanti?

Assolutamente si. Ad esempio il grande e compianto Corrado Mantoni. Un uomo geniale, simpaticissimo, estroverso era un vero genio. Portò con grande maestria La Corrida, dopo tanti anni in radio, in televisione.

– Ti chiedo ancora un salto indietro. E purtroppo un salto indietro, e purtroppo un salto indietro molto triste. Il film per Pasolini è uscito postumo, perché lui purtroppo a novembre del 75 fu assassinato.

Sì mi sembra che uscì a inizio dicembre il film. Ci fu anche la presunta storia delle pellicole rubate, alla quale non ho mai creduto.

Una delle ultime volte che ho visto Ninetto Davoli, era scettico anche lui su questo ipotetico furto.

– La storia di questo ipotetico furto uscì quando Pasolini era ancora in vita?

Sì mi sembra fosse stato lui stesso a raccontarlo. Sinceramente credo che Pasolini desse veramente fastidio ai poteri forti. Era già stato censurato.
Noi andammo a vedere la versione integrale che durava quattro ore. Rendiamoci conto di quanto duri l’attuale film (neppure due ore ndr).

– Cosa ne pensi della sua tragica fine?

Pier Paolo era fortissimo, un vero e proprio fascio di muscoli. Faceva anche judo a livelli importanti.
Ebbi modo di conoscere, quando ottenne i servizi sociali, Pino Pelosi ( il suo presunto assassino nda). Andai con una troupe del TG, perché mi trovavo casualmente in servizio, ad intervistarlo quando lo avevano affidato ai servizi sociali.

Quando lo vidi era un minuto, alto di me.
Ma come avrebbe potuto picchiare a morte Pasolini?

Delle volte con Pier Paolo giocavamo sul set, lui era fortissimo riusciva a immobilizzarti con delle prese eccezionali. Eppure noi eravamo molto più giovani di lui.

– Quindi non credi alla versione ufficiale, sulla morte di Pasolini?

Lui dava fastidio. Basta scorrere gli archivi, per vedere che Pasolini ogni volta che era ospite di una trasmissione, non faceva sconti a nessuno.
Io so, ma non ho le prove.

-Posso chiederti come hai saputo della Sua morte?

Dai telegiornali. Umanamente per me fu devastante. Per me come per tanti altri ragazzi e ragazze.

Quando abbiamo lavorato con lui siamo stati trattati come dei figli. Lo dico davvero, come non avrebbe fatto neanche un padre.

Una persona alla quale non si poteva che voler bene. Sempre educatissimo, non lo vidi mai alterato in quattro mesi.
Io salvo che quella volta per la partita di calcio con Bertolucci non l’ho mai visto arrabbiato.

https://www.adhocnews.it/

www.facebook.com/adhocnewsitalia

SEGUICI SU GOOGLE NEWS: NEWS.GOOGLE.IT

Exit mobile version