Operazione Riuscita di Sottomissione

SOTTOMISSIONE

Sottomissione. Avevo scritto – come si suol dire, in tempi non sospetti – che il governo si sarebbe trovato di fronte a due ipotesi criminali.

La prima, per non essersi attivato immediatamente nell’affrontare questa situazione virale, sia nell’organizzazione dei dispositivi sanitari di prevenzione e di cura, sia nella mappatura delle zone a rischio con focalizzazione delle azioni in quelle specifiche zone. Quindi quell’imprudenza, negligenza e imperizia che abbiamo tempo fa denunciato penalmente per una sottovalutazione del fenomeno.

La seconda, esattamente opposta, per aver esacerbato con disposizioni illegittime una fantasiosa prevenzione a tappeto. Attraverso informazioni terroristiche, indicazioni contraddittorie e disposizioni inutili e ridicole. Ciò anche grazie ad un assemblaggio di esperti raccattati a caso e in molti casi senza esperienze e capacità tecniche.

In subordine alla seconda – come si dice in formula giudiziaria – c’è un terzo atto criminale, quello che interessa la prospettiva futura.

Il virus passerà, ma il condizionamento che grazie alla sua esistenza è stato posto in essere ha infiltrato e infiltrerà per il tempo a venire la psiche delle persone.

Predisposizione all’Ubbidienza

La grande operazione riuscita che il governo è stato in grado di concludere è la predisposizione all’ubbidienza.

A Ercolano, nella devastazione dovuta all’eruzione del vulcano, un soldato armato di tutto punto rimase ubbidiente al suo posto di guardia in attesa dell’ordine di smobilitazione.

Nelle Filippine, Hiroo Onoda rimase trent’anni un ubbidiente guerrigliero in attesa di vedere di persona l’ordine di resa dell’Imperatore.

In Italia, si troveranno nelle bare cadaveri ubbidienti con guanti e mascherina perché “lo ha detto Conte alla televisione”.

Insomma, ogni epoca ha i suoi personaggi, e la nostra purtroppo, come denuncia Jünger, ha una particolarità. Ovvero che: “Uno dei caratteri del nostro tempo è che le scene più significative sono legate ad attori insignificanti”. È di trent’anni fa “Il trattato del Ribelle”, e se non è una profezia, ditemi voi cos’è.

Il risultato finale è che, per criminale difetto prima, o per criminale eccesso dopo, o per concomitanza di entrambi, il sistema tecnico-funzionale, che governo non è, ha condotto una cinica strategia di ingegneria sociale e di ortopedia morale. Da un lato stimolando un tanto perverso quanto ambiguo solidarismo cittadino e, dall’altro, applicando punizioni a tappeto di carattere economico per stroncare la disubbidienza.

Alla fine, le manovre applicate hanno determinato un tracollo economico generalizzato i cui effetti di devastazione li vedremo a distanza di tempo. Una conflittualità tra poveri che lascerà cicatrici sociali, un addestramento da riflesso condizionato pavloviano al minimo sussurro di alcune parole chiave per l’attivazione della paura.

Adriano Segatori

 

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