Macron, le spectacle du bouffon
In un’Europa sempre più disillusa dai suoi leader, Emmanuel Macron sembra voler emergere con una strategia che mescola teatro, retorica e opportunismo. Ma il palcoscenico che si è ritagliato rischia di essere quello del “bouffon“, più che dello statista.
Il presidente francese, ormai isolato politicamente in patria e travolto da un consenso in caduta libera, tenta l’ultima carta: strumentalizzare la politica estera per rilanciare la propria immagine, vestendo i panni del mediatore globale e del difensore dei popoli oppressi. Un ruolo che suona falso, goffo, e profondamente scollegato dalla realtà interna della Francia.
Una grandeur fuori tempo massimo
Il tentativo di Macron di rilanciare la “grandeur” francese, evocando nostalgie gaulliste, appare sempre più come un’operazione fuori dal tempo. L’idea di una Francia guida morale del mondo si scontra con i dati di fatto: la Francia è oggi uno dei paesi più bloccati e disfunzionali d’Europa. La politica è in un’impasse totale, l’Assemblea Nazionale è un pantano senza maggioranza solida, e il governo naviga a vista, senza direzione.
L’economia francese è fiaccata da problemi strutturali, la società è profondamente frammentata e la tensione sociale è costante. Le piazze parlano chiaro, e Macron non è mai stato così lontano dal popolo che pretende di rappresentare.
Il riconoscimento della Palestina: gesto simbolico o cinismo politico?
In questo contesto, la scelta di Macron di spingere per un riconoscimento formale dello Stato palestinese assume i contorni di una mossa squisitamente politica. Un gesto che ha più a che fare con la sua immagine personale e la ricerca disperata di consenso, che con un reale contributo al processo di pace in Medio Oriente.
Il paragone con altri “riconoscimenti” simbolici, come quello del Tibet o del Kosovo in fasi di conflitto, è inevitabile: che senso ha riconoscere uno Stato che non esercita né sovranità territoriale né un governo stabile?
In più, questa mossa rischia solo di irrigidire ulteriormente le posizioni di Israele, rendendo ancora più lontano ogni possibile negoziato.
La scommessa sul voto islamico
Dietro a questa scelta si intravede anche una strategia interna non dichiarata: Macron cerca evidentemente di riconquistare almeno parte del consenso della comunità islamica francese, sempre più numerosa e rilevante in un paese ormai profondamente multietnico. È un calcolo elettorale travestito da slancio umanitario.
L’ultima scena prima del disastro
In fondo, questo riconoscimento non è che l’ennesimo atto di un presidente che non vuole uscire di scena in silenzio, con il fallimento politico come unica eredità. Vuole lasciare il segno – se non in patria, almeno sui giornali internazionali.
Ma dietro la maschera dell’attivismo diplomatico si nasconde una verità più amara: Macron sfrutta la tragedia del popolo palestinese per il proprio tornaconto politico, senza portare alcun contributo concreto alla soluzione del conflitto
Uno spettacolo già visto, dove il presidente recita, ma il pubblico ha smesso da tempo di applaudire.
Leggi anche: