Lo chiamano ATTACCO IBRIDO: la nuova guerra silenziosa dei droni
È una guerra che non si annuncia con sirene né colonne di carri armati al confine.
Non ci sono proclami, né marce militari
Eppure colpisce dritto al cuore delle nostre città, indisturbata. L’attacco con droni su Copenaghen, passato inosservato fino all’arrivo a destinazione, apre uno squarcio inquietante sulla vulnerabilità delle nostre difese in un’epoca in cui il conflitto non ha più bisogno di dichiararsi.
Attacchi tecnologici, mirati, discreti
Spesso non letali, ma profondamente destabilizzanti. In un’intervista rilasciata a Il Sole 24 Ore, Alessandro Marrone dell’Istituto Affari Internazionali ha spiegato che non è affatto detto che questi droni siano partiti dalla Russia. «Verosimilmente – osserva – potrebbero essere stati caricati su un camion, trasportati in prossimità dell’obiettivo e poi lanciati», proprio come fanno gli ucraini con gli attacchi alle basi russe in Siberia.
Una tecnica che aggira del tutto i radar e i sistemi di difesa a lungo raggio, rendendo quasi impossibile un’intercettazione preventivi
Il drone non è più solo uno strumento da combattimento: è diventato simbolo di una nuova era del conflitto. A basso costo, facilmente reperibile e pilotabile a distanza, rappresenta oggi la forma più efficace di pressione psicologica e sabotaggio infrastrutturale. Non sempre porta morte, ma sempre porta un messaggio: “Possiamo arrivare ovunque”.
Non servono eserciti alle porte
Basta un drone su un obiettivo simbolico per mettere a nudo tutte le fragilità di un Paese. E se oggi è Copenaghen, domani potrebbe essere qualsiasi altra capitale europea.
Tensioni diplomatiche e un senso crescente di insicurezza sono l’essenza dell’attacco ibrido: confondere, spaventare, destabilizzare
In un mondo dove il silenzio può essere più letale del rumore delle bombe, la vera sfida non è solo tecnologica, ma culturale: riconoscere che la guerra è cambiata.
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