Lavoro e AI, quali professioni rischiano davvero?
L’intelligenza artificiale non è più una promessa del futuro: è il presente. E se da un lato offre enormi opportunità, dall’altro fa tremare molti lavoratori. Ma quali sono davvero i settori più a rischio?
E chi, invece, potrà trarne vantaggio?
L’intelligenza artificiale trae la sua forza negli algoritmi che scrivono codici, disegnano, traducono, rispondono a mail e analizzano dati. E tramite il suo sviluppo, l’intelligenza artificiale sta ridisegnando il concetto di “mestiere”.
Alcuni temono le sue possibilità, altri cavalcano gli eventi, ma una cosa è certa: non si può più ignorare perché oramai è entrata nella nostra vita.
Secondo l’ultimo report del World Economic Forum, vi sono delle professioni più esposte alla nuova tecnologia dell’automazione
Operatori di call center e customer service, potrebbero essere i primi a cadere al progresso di chatbot e assistenti vocali, i quali gestiscono già gran parte delle richieste standard.
Ma rischiano anche impiegati amministrativi e contabili che possono essere facilmente sostituiti nei compiti automatizzabili tramite AI e la Robotic Process Automation
Potrebbero inoltre diventare inutili le professioni di traduttori generici. Strumenti come DeepL o Google Translate, potenziati dall’AI, stanno diventando sempre più precisi e puntuali.
Inutili inoltre in futuro potrebbero diventare i grafici e copywriter “generalisti”.
Le AI generative stanno cominciando a produrre contenuti visivi e testuali validi a basso costo.
Chi può quindi dormire tranquillo?
Ci sono anche professioni che, almeno per ora, sembrano difficilmente sostituibili. Primi fra tutti sono i professionisti creativi, quali registi, autori, designer. L’AI può supportarli, ma non copiarli. Può aiutarli ma non sostituirsi nelle facoltà innovative mentali.
Lo stesso avviene con gli operatori socio-sanitari poiché l’empatia, il tocco umano, la relazione non sono fortunatamente replicabili
Ma ci sarà sempre più necessità di tecnici specializzati nelle applicazioni AI. Professioni come sviluppatori, ingegneri di prompt, data analyst avranno sempre più un ruolo predominante. Lo stesso accadrà anche per gli insegnanti e i formatori, soprattutto per chi lavora in contesti dinamici e personalizzati.
La vera sfida è dunque reinventarsi, non resistere
L’errore più comune è pensare che la nuova tecnologia sia una minaccia. In realtà l’AI può liberare tempo da attività ripetitive, lasciando spazio a compiti più strategici e umani.
Un avvocato può usare l’AI per analizzare la giurisprudenza più velocemente
Un medico può usarla per diagnosi preliminari, dedicandosi di più al paziente.
Un insegnante può personalizzare il percorso didattico con l’aiuto di piattaforme intelligenti.
Ma come fare per riuscire a rimanere a galla con il nuovo che avanza?
È necessario innanzitutto formarsi
Capire come funziona l’AI, anche a livello base, è oggi indispensabile.
Inoltre l’AI è veloce e preciso ma non riesce, almeno fino ad oggi, pensiero critico, creatività, leadership, empatia.
Inoltre utilizzare AI come leva professionale non come ostacolo o nemico.
Chi saprà ben utilizzare AI diventerà più competitivo
L’intelligenza artificiale non “ruberà il lavoro” in senso assoluto. Ma lo cambierà profondamente. Chi saprà adattarsi, crescere e imparare, avrà più strumenti rispetto a chi non lo fa. La vera sfida non è battere le macchine, ma diventare più umani di prima, tramite l’uso delle macchine.
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