La roccaforte Toscana resiste ancora.
La Toscana si conferma ancora una volta terra saldamente rossa. Nonostante l’alto tasso di astensionismo e una campagna elettorale condotta con intensità, il centrodestra guidato da Alessandro Tomasi non è riuscito a conquistare la Regione, lasciando la vittoria al presidente uscente Eugenio Giani.
Una sconfitta netta, ma non priva di spunti politici e di riflessioni interne per una coalizione che, pur perdendo, registra una crescita significativa sul piano dei consensi, soprattutto per Fratelli d’Italia
La premier Giorgia Meloni, durante il comizio in piazza San Lorenzo a Firenze, aveva del resto messo in guardia i suoi sostenitori: vincere in Toscana sarebbe stato “quasi impossibile”, ricordando come in ogni roccaforte politica l’assenza di competizione reale finisca per danneggiare la comunità. “Quando una parte sa che non può perdere, viene meno lo stimolo al merito – aveva detto – e a rimetterci sono sempre i cittadini, che pagano il prezzo di servizi pubblici sempre più inefficienti e costosi.”
Tomasi, candidato di alto profilo e figura di grande equilibrio, ha riconosciuto la sconfitta con dignità, rivendicando il lavoro svolto e promettendo un’opposizione ferma ma costruttiva in Consiglio regionale. “Abbiamo dato il massimo, con cuore e passione
Da una sconfitta come questa si costruiscono le vittorie future”, ha dichiarato, sottolineando come il centrodestra abbia saputo radicarsi anche in territori tradizionalmente ostili.
Dalla dirigenza di Fratelli d’Italia, il giudizio è concorde: la coalizione esce sconfitta, ma non ridimensionata. Il partito di Meloni cresce, mentre gli alleati arrancano, mostrando la necessità di un profondo ripensamento strategico. “FdI non può trainare da sola una coalizione dai partner deboli”, ha ammesso Giovanni Donzelli, commentando i risultati. Più laconico il generale Roberto Vannacci della Lega, che si è limitato a dire: “Chi vota ha sempre ragione e i toscani si sono espressi”, riconoscendo implicitamente la difficoltà del partito in una campagna giudicata troppo aggressiva.
Eppure, al di là dei numeri, il voto toscano racconta un dato politico più profondo: la difficoltà di scalfire un consenso radicato da decenni. Tomasi si è dimostrato un candidato di grande spessore, preparato, serio, capace e onesto, apprezzato anche dagli avversari per il suo stile sobrio e per la storia personale limpida
Non ha perso per limiti propri, ma per la sfiducia pregiudizievole di un elettorato abituato a un voto identitario e quasi immutabile.
In un’altra realtà, Tomasi avrebbe probabilmente vinto a mani basse. In Toscana, invece, i tempi non sembrano ancora maturi. Chi è deluso dalla sinistra dopo anni di governo preferisce spesso non votare piuttosto che cambiare, e questo spiega un’astensione così alta.
È per questo che la vittoria del centrosinistra non dovrebbe essere letta come un trionfo pieno, ma come il sintomo di un sistema politico chiuso, intrappolato nella cosiddetta “sindrome della roccaforte”
E come tutte le roccaforti, anche questa, per quanto solida, può col tempo mostrare crepe. Piccole fenditure ideologiche che, un giorno, potrebbero trasformarsi in brecce capaci di far cambiare idea anche ai più fedeli sostenitori.
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