La Post-scuola: emblema del dissolvimento dell’istruzione italiana

Post-scuola

Tra mille incertezze e tanta confusione l’anno scolastico è appena ricominciato. Per l’occasione , la collana fuori dal coro de Il Giornale ha dato alle stampe “La post-scuola. Costruzione, distruzione e dissolvimento dell’istruzione italiana” di Giancristiano Desiderio. Il libretto si occupa di analizzare, attraverso un interessante excursus, la storia della scuola italiana proponendo anche delle soluzioni che potrebbero fungere come argine alla decadenza dell’intero sistema scolastico.

I tre tempi della scuola italiana

I tre periodi della scuola italiana sono inevitabilmente correlati alla storia d’Italia. Il primo periodo va dal 1860-1861 (Legge Casati) al 1923 (Riforma Gentile). Il secondo dal 1923 al 1969 (anno in cui la riforma Gentile venne smantellata). Il terzo periodo va dal 1969 fino ad arrivare ai nostri giorni. Rimandando il lettore l’approfondimento delle tre fasi – tra l’altro ben curate dall’autore – in questa occasione cercheremo di soffermarci su aspetti altrettanto significativi.

Da Gentile alla scuola di massa

Secondo Gentile la scuola doveva essere funzionale alla formazione della classe dirigente del futuro. La cultura classica rappresentava lo strumento mediante il quale s’instaurava la relazione tra allievo e maestro in cui uno impara dall’altro. Si trattava di un processo eterno che praticamente si concludeva con la fine della vita umana. Successivamente, sulla scia dell’ondata sessantottina, la scuola di Giovanni Gentile venne smontata – pezzo dopo pezzo – in quattro mosse fatali: abolizione dell’esame di passaggio; trasformazione dell’esame di Stato di maturità; sperimentazione negli istituti professionali; liberalizzazione dell’accesso all’università. L’autore identifica questo avvenimento con il passaggio alla cosiddetta scuola di massa, il cui tempo coincide con la – tanto annuciata e mai approvata – riforma della scuola superiore.

La fine della scuola

L’anno scolastico ed accademico 2019/2020 coincide con l’avvento del Covid, nonchè con la fine del “mondo scuola” come l’abbiamo conosciuto fino ad oggi. Il Ministero dell’Istruzione, al cui vertice troviamo Lucia Azzolina, a colpi di circolari ministeriali ha sancito il passaggio alla scuola smart fondata sulla didattica a distanza. La Post-scuola dei banchi con le rotelle, delle mascherine, del distanziamento sociale certifica da un lato il fallimento di un’intera classe politica dirigente, dall’altro la distruzione e l’imminente dissolvimento dell’attuale sistema formativo italiano.

La via d’uscita

Alla fine del volumetto troviamo i dieci punti su cui si erge il Manifesto della scuola libera grazie al quale Desiderio propone una nuova riforma della scuola. Punto cardine del Manifesto è l’abolizione del valore legale dei titoli di studio. Difatti l’autore, come soluzione per uscire dalla Post-scuola, riprende il pensiero di Luigi Einaudi il quale considerava tale concetto come un vero e proprio veleno perchè confonde teoria e pratica e non distingue tra sapere e dovere. Posizioni per sommi capi condivisibili ma che probabilmente necessitano di un impianto ben più solido da cui partire. Pertanto, la Riforma Gentile e la Carta della Scuola di Bottai – finita quasi completamente nel dimenticaio – potrebbero costituire i riferimenti da cui muovere per pensare alla scuola del futuro?

 

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