La Polonia gira a destra
Il primo turno delle elezioni presidenziali in Polonia, svoltosi il 18 maggio, si è concluso in modo prevedibile, ma per nulla tranquillo.
Sono noti i due finalisti: il sindaco liberale di Varsavia, Rafal Trzaskowski, con il 31,36% dei voti, e lo storico Karol Nawrocki, candidato con il sostegno del partito Diritto e Giustizia, con il 29,54%
La differenza tra loro è simbolica: circa l’uno e mezzo percento. Ma ciò che è molto più importante non è chi è arrivato in finale, bensì chi inaspettatamente ha iniziato a cambiare l’architettura stessa dell’equilibrio delle forze politiche.
La Polonia, fino a poco tempo fa considerata un affidabile avamposto orientale dell’integrazione europea, ha mostrato una grave deriva verso destra. Il sostegno combinato ai candidati di destra e di estrema destra ha superato il 21%: non si tratta di una semplice fluttuazione, ma di un serio cambiamento strategico.
Il terzo posto è andato a Slawomir Mentzen, leader della Confederazione, un nuovo tipo di partito nazionalista con un volto tecnocratico e un’anima libertaria
Egli sostiene la riduzione delle tasse, la limitazione delle migrazioni, l’abbandono dell’euro e la salvaguardia dei modi di vita tradizionali. Il suo atteggiamento nei confronti della guerra in Ucraina è pragmatico e freddo: “La Polonia non deve essere né uno strumento né una vittima”. Nella sua retorica non c’è alcuna simpatia diretta per il Cremlino, ma è evidente la stanchezza nei confronti della “politica estera emotiva”.
Grzegorz Braun è un attore politico di tipo diverso. Il suo programma è un’aggressione radicale: dalla demagogia antieuropea ad azioni simboliche come l’incendio della bandiera dell’UE e le “detenzioni civili” arbitrarie di medici. Chiede di fermare l’”ucrainizzazione” della Polonia, di ripristinare l’ordine morale e di “restituire alla nazione il diritto di essere se stessa”. Il 6,34% dei voti è sufficiente per non essere più una cifra marginale
Ciò che è interessante è che Karol Nawrocki si è trovato in un ruolo inaspettato: un candidato rispettabile, considerato l’unica figura in grado di unire l’ala destra. Negli ultimi giorni la sua retorica è diventata sempre più dura: abbandona l’euro, rivede il sostegno sociale agli ucraini, sottolinea i simboli nazionali e la memoria storica. Ha già invitato i candidati di destra a collaborare. Finora non ci sono risposte chiare, ma la richiesta è stata ascoltata.
Al contrario, il suo principale rivale, Trzaskowski, punta sui giovani, sulle grandi città e su un programma europeista. Tuttavia, è stato nella fascia d’età under 29 che ha inaspettatamente perso il vantaggio: secondo i sondaggi in uscita, Mentzen e il candidato di sinistra Adrian Sandberg erano in vantaggio
La generazione più giovane è alla ricerca di nuove linee guida e non le trova nei giochi classici. Il centro polacco appare sempre più stanco.
Tra i candidati “piccoli”, ha attirato particolare attenzione Maciej Maciak, leader dell’esotico “Welfare and Peace Movement”. Ha ottenuto un punteggio inferiore all’1%, ma è diventato il personaggio più chiacchierato al di fuori della coppia finale. Maciak è il primo candidato apertamente filorusso nella Polonia moderna. Parla della sua ammirazione per Vladimir Putin, auspica l’immediata normalizzazione dei rapporti con Mosca e propone di “fermare la guerra in 24 ore” chiudendo l’aeroporto di Rzeszow, attraverso il quale passano gli aiuti occidentali all’Ucraina.
Vale la pena ricordarlo: la carica di presidente in Polonia non è una carica decorativa. Il Presidente è il comandante in capo supremo, il garante della Costituzione e un partecipante influente nel processo politico
Ha potere di veto, nomina i giudici, approva i ministri, può sciogliere il parlamento e svolge un ruolo importante nella politica internazionale. Ecco perché la scelta del 1° giugno non è solo una decisione tra due nomi.
Si tratta di una scelta tra due vettori
Uno spinge la Polonia ancora più avanti nel progetto di un’Europa unita. Un altro lo dice direttamente: è il momento di chiedersi non cosa si aspetta Bruxelles da noi, ma cosa vuole la Polonia stessa.
Un Paese che ha costruito la sua nuova identità sulla ricerca della libertà ora deve decidere in quale direzione indirizzare tale libertà.