La nostra Nazionale per i Francesi è razzista

La foto in cui calciatori e staff della nostra nazionale vestono con un completo Armani è razzista.

Il completo, presentato per la prima volta durante “Sogno azzurro”, programma condotto da Amadeus ai cugini d’oltralpe non è piaciuto.

Così come la nuance delle facce dei calciatori ed addetti. Troppo bianchi.

Anche gli oriundi evidentemente sono troppo pallidi, ricordiamoci la prossima volta di prenderli più scuri.

Gli insulti

“Tutti i capi riportano il logo della FIGC e offrono agli atleti uno stile coerente con il brand ed un’italianità spiccata: un’idea di formalità morbida e confortevole, di praticità elegante pensata per corpi in continuo movimento.

E’ quanto si legge sul sito di Armani.

Classe italiana che evidentemente infastidisce i cugini francesi, ancora scottati dalla finale del 2006.

Diversi utenti francesi hanno scatenato su Twitter una polemica che definire assurda sarebbe eufemistico. In un mondo normale.

Ma nella realtà ribaltata del 2021, appare perfettamente in linea con il pensiero unico dominante.

Nessuno vi sosterrà, banda di razzisti”, scrive un utente.

Provate a dire che questo paese (l’Italia, ndr) non è razzista”, cinguetta un altro.

E ancora: “E’ la squadra del Ku Klux Clan”, “Fascisti, Mussolini sarebbe orgoglioso”, “Remake della marcia delle camicie nere sulla Roma”, “Zero neri, è pazzesco”, “Schiaffo razzista”.

Già, perché non avere nemmeno un africano in squadra è razzista, con buona pace della meritocrazia e del merito sportivo.

Razzista è chi discrimina per il colore della pelle o in base alla provenienza geografica, giudicando solo dai tratti somatici.

Ne consegue che i francesi in questione sono pienamente rispondenti a tale definizione, perché non accettano una squadra troppo ‘pallida‘.

Abituati come sono alle loro nazionali non c’è da stupirsi: le loro città, ridotte ad ospitare quartieri off-limits dove la polizia nemmeno entra più non pare un buon esempio.

Le zone “no-go”, quartieri o interi borghi e città “off-limits”, dove nemmeno la polizia potrebbe entrare.

I francesi le chiamano “zone urbane sensibili” e, secondo il ministero dell’Interno di Parigi, sono “circa 150” sparse un po’ dovunque sul territorio francese.

Un esempio da non imitare. Altro che razzismo.

 

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