La democrazia puerile e penale

puerile

Puerile e penale – Maestra, ha detto la parolaccia, caccialo, puniscilo. Sembra di essere tornati alle scuole elementari, anzi all’asilo infantile. Provate per un attimo a separare le accuse ricorrenti dalle motivazioni solite e dal fondo ideologico ossessivo, il politically correct che le sostiene. Provate a vedere il meccanismo che si genera ogni volta che il Durigon di turno dice una battuta sconveniente ora sul fascismo, ora sui gay, sui trans e sulle lesbiche, ora sulle donne procaci, ora sui neri e sui migranti, ora sugli ebrei o sul green pass. Comincia il primo ruffiano, si alza e fa la spia al maestro, poi prende a serpeggiare la vocina fino a che diventa un coro, un branco di cani rabbiosi, con la bava alla bocca e il piacere di abbaiare e mordere insieme.

E comincia la flagellazione, l’inseguimento, la richiesta di scuse, pentimenti e di cordone sanitario, con pressante richiesta ai compagnucci del reprobo a separarsi e a sparare sul loro amico, in modo da dividerli, imbarazzarli e indebolirli; poi cala perentoria l’accusa di espulsione, l’appello al maestro, al direttore, di chiamare i bidelli e metterlo fuori dall’aula. Di recente il linciaggio si è così evoluto o immeschinito, fate voi, perché si raccolgono perfino le firme per mettere al bando la Bestia che ha detto la Parola Infame. Firme in parlamento e sui giornali, la prossima sarà le firme in commissariato o in tribunale.

Vipere

Ci sono delle vipere o delle bisce che s’inviperiscono o s’inbisciano appena sentono che uno ha sgarrato, così loro possono saltare in cattedra e fare i maestrini censori, i bravi col ditino alzato; quanti sciacalletti e iene, già dal sorrisino, che cercano sempre i cattivi per sentirsi superiori, inflessibili e purificatori. Cacciatelo, ha detto la parolina vietata. Non conta cosa hai fatto finora nella vita, il comportamento generale, il curriculum, i meriti e i demeriti. Basta una parolina e sei lì rovinato. Una parolina sbagliata cancella tutto. Ha detto la parolaccia, Maestra…

Sembra ormai il gioco dell’oca in una specie di variante perversa; se tocchi una casella esci dal gioco, stai fermo un giro o vai indietro di tante postazioni: e se poi tocchi lo scandalo supremo finisci nella casella tombale della morte, e come dicevano ai bambini del sud, statte accuorte picciré, ssi vai inda a’mort a’fortune inzerr a’port (stai attento piccolo, se vai nella casella col teschio la fortuna serra la porta). Non c’è settimana, o forse giorno che non abbia il cattivo di turno da lapidare, mettere dietro la lavagna e possibilmente sbattere fuori dalla porta.

Naturalmente, non mancano i controfurbini che dicono la parolina proibita per conquistarsi il quarto d’ora di celebrità o per accattivarsi i cattivi, ovvero per mietere simpatie e consensi nel giro opposto. Ma mi sembra che tutto si svolga in un’atmosfera che ricorda a rovescio Cuore di Edmondo de Amicis; chiamiamolo Bile di Immondo de Nemicis…

Il lato patologico

Come giudicare questa regressione puerile della politica a cui si prestano pure leader di partito e figure istituzionali? Un pessimo mix di acidità e infantilismo, di prepotenza bambinesca e protervia rancorosa, un caso di guapperia ideologica…

Quando la denuncia e l’assalto del branco superano lo stadio infantile ed entrano nello stadio politico?

Quando ti rendi conto che non si può essere accusati e accusatori a turno, a caso, quando capita, ma c’è una parte della scolaresca che è sempre sotto giudizio ed un’altra parte che sempre giudica e propone punizioni ed espulsioni. Qualcuno restando alle elementari di una volta, dice: è la lavagna dei buoni e dei cattivi, di solito sono sempre gli stessi. Si ma quando gli uni appartengono a uno schieramento e gli altri all’altro, allora ti rendi conto che si è proclamati buoni o cattivi secondo l’appartenenza. Esclusa la differenza di meriti e di curriculum restano due ipotesi:  o c’è una differenza etnica, razziale o c’è una differenza di classe, tra padroni e sottoposti. I Giusti contro gli Sbagliati.

Come se ne esce?

Il lato patologico della faccenda è che non si giudica sulla base delle leggi universali, come accade con i codici civili e penali, ma sulla base di un codice politico-ideologico sottoscritto dagli uni e avversato dagli altri, che evidentemente hanno un’altra scala di priorità. Allora l’anomalia è che una razza o una classe decide i buoni e i cattivi sulla base di un sistema di “valori” partigiani, condivisa solo da un parte. Sei tu a stabilire chi sbaglia e chi no, e a decidere le conseguenti sanzioni sulla base del tuo codice ideologico. Il giocatore è insieme arbitro della partita. Tu giudice, lui accusato, sempre. Risultato: farsa o guerra civile, o tutt’e due.

Come se ne esce? O si concorda un perimetro preciso e universale di valori condivisi  e poi si rispettano reciprocamente i valori divisivi oppure se una parte giudica il tutto, siamo in un regime, e la gente si sentirà ancora una volta sotto dittatura o sorveglianza e magari voterà per ribellarsi. Fine del ragionamento o meglio ragionamento senza fine; non serve a niente, domani si riprende la pagliacciata punitiva. Avanti un altro.

MV, La Verità

 

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