Io speriamo che c’entro

Grandi manovre per il 2022 con il comune denominatore della centralità

Io c’entro se punto al centro. Questo può essere il riassunto degli ultimi giorni della scena politica italiana.

Gli appuntamenti del 2022 incombono, e gli scenari sono principalmente due. I due più importanti, peraltro.

Renzi e Berlusconi si sono fatti sentire nel weekend, soprattutto per rivendicare il loro peso e centralità.

Questa pare essere diventato il comune denominatore dell’agone politico attuale, o almeno sembra essere tornato ad esserlo, archiviate le stagioni del qualunquismo grillino e del sovranismo leghista.

Con partiti che sfiorano a malapena le due cifre, Renzi e Berlusconi, effettivamente, rivendicano un ruolo, ed affermano come il loro orientamento risulti oggi fondamentale.

Renzi alla Leopolda

Che lo si voglia o no, il buon Matteo, dalla stazione ottocentesca di Firenze, ha sempre dettato la agenda politica degli ultimi dieci anni. Rottamatore prima, Restauratore adesso.

Ha fiutato giustamente che le partite in Italia, ma anche nel resto del mondo occidentale, si vincono a centrocampo, e ci si è infilato.

Se Salvini e la Meloni faranno l’asse di destra e il Pd rinnegando le battaglie che abbiamo fatto insieme sceglie di allearsi con Il M5s è naturale che alle elezioni di giugno dovremmo occupare quello spazio politico della Leopolda, noi siamo quelli che sono sempre rimasti là“.

Lo ha detto il leader di Iv, Matteo Renzi, chiudendo la Leopolda, a Firenze.

Il centro è “uno spazio politico di vittoria o di sconfitta che in questo momento segna i governi in Germania, Francia, Usa, che può essere e probabilmente sarà decisivo alle elezioni, specie se ci saranno nel 2022”.

Ho l’impressione che i principali leader delle forze politiche italiane, i leader di M5s, Pd, Lega e FdI, abbiano l’interesse ad andare a votare: interesse che è politico, e in alcuni casi personale, perché qualcuno vuole portare in parlamento prima possibile il suo gruppo di riferimento, è un dato di fatto oggettivo”.

Che sia così o meno, il leader di Italia Viva, nell’intervento finale di Leopolda 11, ha gettato il suo guanto di sfida.

Ma prima il Quirinale

Ma prima di ogni elezione, il 2022 riserva la madre di tutte le battaglie di palazzo: l’elezione del Capo dello Stato.

Ricordiamoci che Mattarella fu il nome che, proprio Renzi, tirò fuori dal cilindro sette anni fa. Il demiurgo della sua elezione fu lui.

Matteo Renzi lo sa, come lo sa la vecchia volpe da Arcore. Che, secondo me, non mira a quella carica, o comunque non lo fa realmente. Coltiva il sogno, ma sa benissimo di essere troppo divisivo per poterla ottenere.

Mira piuttosto a raggiungere un risultato già fondamentale in sé: eleggere il primo Presidente della Repubblica non di sinistra da almeno trent’anni a questa parte.

Lo fa blandendo il partito più rappresentato in Parlamento, ma più allo sbando di una Tesla a guida autonoma.

I grillini a guida contiana ormai non hanno più una linea, i singoli non aspettano altro che riciclarsi in altri gruppi, e Silvio li stana per papparseli in un sol boccone.

Il Biscione sornione, quindi, rilascia dichiarazioni che non ti aspetti. 

“Per quanto riguarda il reddito di cittadinanza gli importi che sono finiti a dei furbi che non ne avevano diritto sono davvero poca cosa rispetto alle situazioni di povertà che il reddito è andato finalmente a contrastare“, ha dichiarato, apparentemente, con cambio di tono nei confronti del Movimento 5 Stelle.

Il Movimento Cinque Stelle ha raggiunto grande consenso perché si è presentato come una risposta a un malcontento molto diffuso. Una risposta che non ho mai condiviso e che a mio giudizio non ha funzionato, ma che merita rispetto perché esprime problemi reali. Del resto anche Forza Italia è nata per cambiare, con metodi molto diversi, una politica vecchia che a noi appariva superata. La crisi del Movimento Cinque Stelle è reale, ma sarebbe sbagliato e pericoloso lasciare senza risposte e senza rappresentanza le esigenze che esprime”.

In altre parole, il movimento è finito, ma non lo sono i suoi parlamentari.

Silvio, che il centro rappresenta dal 1992, vuole scongiurare soprattutto l’elezione della sua nemesi, Romano Prodi, al Quirinale.

Lui e Matteo Renzi saranno determinanti nel 2022, ancora una volta. Stiamone certi. Anzi, centri.

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