IL PRIMO DOVERE NEI CONFRONTI DELLE DONNE E’ QUELLO DELLA VERITA’
Il 25 Novembre si celebra la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
Una data scelta, non a caso, per commemorare il martirio di tre sorelle dominicane Patria, Maria Teresa e Minerva Mirabal trucidate dal regime di Trujillo per il loro attivismo politico contro la dittatura
Dl 1999 l’ONU, in omaggio a queste tre eorine per la libertà, ha deciso di istituire questa giornata il ricordo di tutte le donne vittime di violenza. Con il moltiplicarsi dei casi di femminicidio negli ultimi anni, questa data ha, di fatto, perso la sua natura “generalista” per focalizzarsi su un fenomeno piuttosto specifico, quale quello dei maltrattamenti contro le donne che, appunto, spesso culminano con l’omicidio.
L’attenzione anche mediatica si è spostata – a causa di una certa rilevanza numerica – sugli omicidi di donne all’interno del contesto di coppia; cioè donne uccise dai partner o da ex partner
Per rimanere alla sola Italia, i numeri, in tema di femminicidio, sono piuttosto elevati (sebbene in linea con quanto avviene negli altri paesi europei) e, per quanto nel tempo si siano succeduti mutamenti normativi importanti e, invero, controversi (come l’enucleazione addirittura di un reato autonomo), siamo ancora ben lontani da una riduzione del fenomeno. E, sia consentito dirlo, anche dalla reale comprensione dello stesso.
Ciò che colpisce in primo luogo è la trasversalità dei casi
Essi riguardano tanto giovanissimi, quanto persone di ogni età, così come interessano diversi ceti sociali. Insomma, per rimanere all’epifenomenologia criminale, stupisce la varietà di situazioni e condizioni entro cui maturano simili eventi, di talché abbozzare delle categorizzazioni unitarie o, peggio, delle cause riconducibili a presunti modelli astratti e al contempo a valenza universale, è davvero impossibile.
Di converso, a fronte di una tale molteplicità di elementi concorrenti, assistiamo ormai da anni a teorie e analisi semplicistiche, di “reductio ad unum” di casi molto eterogenei, che non apportano alcun risultato e che, al contrario, rischiano di complicare le cose piuttosto che offrire un contributo alla comprensione del fenomeno e quindi al suo argine
Sol che si considerino le narrazioni predominanti in materia veicolate da talk show, manifestazoni, iniziative ecc. la semplificazione ideologica pare la chiave di lettura prediletta per dibattere il tema, polarizzando un conflitto permanente tra i sessi, che non può costituire alcun buon presupposto per coprendere e limitare questi fenomeni.
La tesi prevalente che deriva da certi ambienti, è quella per la quale i femmicidi e più in generale i casi di violenza nei confronti delle donne sia originato esclusivamente dal cosiddetto “patriarcato”, una nozione che nel tempo è divenuta semanticamente molto elastica andando a coprire eziologicamente casi assai eterogenei, sovente con pochissimo in comune
Casi che, con il patriarcato, non c’entrano assolutamente nulla.
Secondo la prestigiosa enciclopedia Treccani, per patriarcato si intende “quel tipo di sistema sociale in cui vige il ‘diritto paterno’, ossia il controllo esclusivo dell’autorità domestica, pubblica e politica da parte dei maschi più anziani del gruppo”.
Quindi in un sistema patriarcale, secondo la suddetta definizione, devono ricorrere due presupposti: una potestas del maschio, e l’anzianità di quest’ultimo come legittimazione della potestas medesima
Oggi, persino i sostenitori del patriarcato non considerano minimamente l’anzianità quale elemento integrante la relativa fattispecie antropologica ma si concentrano esclusivamente su caratteristiche non ricorrenti nella definiizione ma che hanno come effetto di far coincidere il suddetto patriarcato con il maschilisimo (questo inteso come una struttura sociale che porta a privilegiare sistematicamente il maschio piuttosto che la donna in determinati ambienti con ogni conseguenza). E già qui vi è un primo vulnus del ragionamento. Il patriarcato è una cosa, il maschilismo è un’altra.
Tornando sul primo e tralasciando l’anzianità, se si guarda al criterio della “potestas” domestica e pubblica, non vi è dubbio che il sistema italiano per tanti decenni ha riflettuto una conformazione che poteva rientrare nei parametri sinteticamente delineati da questa nozione
Ma non vi è altrettanto dubbio che da quel modello ci siamo distaccati ormai da almeno 50 anni con un progressivo mutamento anche dell’orizzonte culturale. La riforma del diritto di famiglia del 1975 ha radicalmente innovato la materia, introducendo dei principi di eguaglianza formale e sostanziale all’interno della coppia che hanno fatto da presupposti essenziali per decenni di emancipazione femminile.
Trattasi di un dato empirico che non si può negare
Che poi si possano individuare delle delle sacche di maggiore resistenza è vero (e vanno combattute), ma non si può sostenere che in Italia sia in vigore il patriarcato. Tantomeno attribuire a quest’ultimo la causa costante e unica dei fenomeni di violenza di genere.
La situazione è ben più complessa rispetto a come certe vulgate femministe vogliono unilateralmente imporre
A ben vedere, il fenomeno della violenza nei confronti delle donne attinge a fattori plurimi che non possono esaurirsi in un modello familiare e relazionale ampiamente superato. Infatti il suddetto fenomeno criminale è definito dagli esperti come di natura multifattoriale, in cui certamente certe tendenze maschiliste possono costituire uno dei fattori, ma certamente non il solo.
Una violenza ascrivibile a un contesto patriarcale è certamente quella che ha visto vittima la povera Saman Abbas, la ragazza che il 1 maggio 2021 venne uccisa dalla famiglia poichè voleva vivere all’occidentale, violando in tal modo i canoni di una cultura ispirata a valori completamente opposti
Il predominio del maschio in quel caso, si è manifestato attraverso un brutale omicidio che serviva a punire istanze giudicate inaccettabilmente ribelli rispetto a una cultura effettivamente patriarcale dove alla donna non è concesso scegliere il proprio “Modo di vivere”, ma solo assoggettarsi a ciò che i maschi di casa hanno programmato per lei.
Ma in tantissimi altri casi che purtroppo hanno riempito la cronaca recente è davvero difficile ravvisare una simile matrice
Che cosa ha di patriarcale il brutale omicidio di Giulia Tramontano ad opera di Alessandro Impagnatiello? In quel caso l’autore del delitto conduceva una doppia vita sentimentale e a un certo punto la povera GIulia (peraltro incinta al settimo mese), era divenuta un ostacolo che avrebbe costretto Impagnatiello a compiere una scelta che non voleva fare.
In quel caso la crudeltà e la evidente premeditazione integrano dei requisiti per certificarne la malvagità (il male esiste!), ma l’omicidio non pare essere maturato in contesti patriarcali
L’immaturità emozionale unita all’incapacità di assumersi una responsabilità seria che andasse oltre la “vita da copertina” costituiscono la banalità de male in Impagnatiello.
Così come anche l’altro terribile delitto di GIulia Cecchettin uccisa dall’ex fidanzato FIlippo Turetta, il quale non accettava la fine della relazione, fa emergere la profonda immaturità emotiva dell’autore incapace di accettare un rifiuto.
I comportamenti precedenti all’omicidio rimandavano poi a un disturbo mentale (che non incide natuaralmente sull’imputabilità) evidente e colpevolmente trascurato, piuttosto che a una cultura di dominio patriarcale
Che dire poi degli omicidi-suicidi che secondo dottrina sono incompatibili con il c.d. patriarcato (che richiede che il patriarca rimanga in vita proprio per certificare sino alle estreme conseguenze la sua -presunta-superiorità)?
In moti casi, sempre scorrendo la cronaca terribile di questi anni, sono emerse patologie mentali, ignorate o sottovalutate e che hanno contribuito a concretizzare la volontà omicidiaria (a questo proposito non si può che rilevare come i CMS siano eccessivamente oberati, e incapaci – non per responsabilità diretta – di prestare la giusta a attenzione a segnali preoccupanti).
In questo contesto complicato, le famiglie sono spesso lasciate sole e senza strumenti per poter valutare in anticipo comportamenti dei loro cari, forieri di preoccupazione e di comportamenti devianti.
Così come ancora troppo spesso gli operatori – magistrati e polizia – sono privi di quella formazione necessaria che potrebbe metterli in grado di intravedere i segnali di comportamenti devianti e potenzialmente pericolosi
Che dire poi del fenomeno delle dipendenze, altro elemento che agevola manifestazioni di violenza soprattutto in contesti familiari (anche in questo caso vi sono abbondanti studi che dimostrano il legame causale) ma che nulla a che vedere con il patriarcato?
Insomma, i fattori, come detto, che intervengono a determinare tali tipologie di omicidio sono molteplici ed è nella direzione di analizzare tutti quanti queste potenziali cause che si possono trovare strumenti di prevenzione
Non potendo per motivi di brevità concentrarsi su ciascuno di questi fattori, basti dire che pensare di addossare al maschio in quanto tale un carico di violenza intrinseco, per vincere il quale sarebbe necessario destrutturare il maschio stesso, (cioè probabilmente privarlo delle caratteristiche che lo rendono tale) è una ricostruzione che non convince.
E certamente non risolve il problema, anzi finisce per divenire una generalizzata colpevolizzazione misandrica che genera solo ulteriore conflitto
Curioso poi che, invece, il latori di simili teorie, che imputano al maschio l’attitudine alla violenza contestualizzata nel quadro generale del patriarcato occidentale, omettano sistematicamente di indignarsi quando a commettere atti di violenza contro le donne sono soggetti talvolta provenienti da contesti nei quali effettivamente la donna è qualcosa di inferiore all’uomo per legge.
In tali casi, il patriarcato cessa di funzionare da categoria omnicomprensiva e lascia spazio – quando va bene – ad analisi complessa sulla incidenza della cultura di provenienza del reo addirittura quale fattore attenuante
Al netto dell’ipocrisia di certe visioni unilaterali, è opportuno ribadire con forza che la realtà è molto più complessa delle scorciatoie ideologiche fautrici di improbabili divisioni e contrasti tra maschio e femmina. E, per affrontare relatà complesse, occorrono analisi e strumenti complessi. In questa direzione che dovremmo muoverci, ma da tale punto di vista non possiamo che registrare un esponenziale e colpevole ritardo.
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