IL DISCORSO DI TRUMP ALL’ONU: UN’OCCASIONE DA NON PERDERE

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IL DISCORSO DI TRUMP ALL’ONU: UN’OCCASIONE DA NON PERDERE

Ieri, a New York, il Presidente USA, Donald Trump, ha dato una sferzata micidiale all’Organizzazione delle Nazioni Unite come quelle che non si vedevano da tempo.

Un discorso importante che tocca diversi punti di interesse attualissimo e che ha la possibilità, se ben interpretato, di rappresentare un’occasione storica.
Si è aperta una potenziale prospettiva per un generale ripensamento delle strategie mondiale innanzi alle sfide epocali che attendono l’umanità in questo principio di XXI Secolo che evidentemente stanno cogliendo imprerata un ONU ormai sempre più simile alla Società delle Nazioni prima del secondo conflitto mondiale

Ne esce un quadro preoccupante con la denuncia di una soverchiante quantità di errori commessi negli ultimi anni i cui effetti stiamo scontando in modo inesorabile. Soprattutto in un’Europa sempre più vaso di coccio fra vasi di ferro.

Immigrazione

Trump ha stigmatizzato il lassismo con cui, in particolare, il vecchio continente ha gestito e sta gestendo il fenomeno migratorio. Il risultato di queste politiche sono state l’afflusso massiccio di immigrazione irregolare a fronte del quale non è mai stata adottata una vera e propria misura drastica di contenimento.

Come dare torto al POTUS, visto che sopratutto in certi paesi – tra cui l’Italia – il fenomeno ha raggiunto vette emergenziali con una serie di conseguenza sociali che si stanno rivelando difficilmente arginabilii, e aumentano l’esasperazione della cittadinanza

Oggi più che mai è necessario ripristinare il concetto di legalità nella gestione del fenomeno irrigidendo il sistema delle espulsioni. Nonostante le critiche “interessate” che vengono fatte all’Amministrazione Trump, giocando sul significato del termine “deportation” (che significa semplicemente “rimpatrio” ma che viene considerato, dai media mainstream, come “deportazione”), non c’è dubbio che si stia cercando di correre ai ripari rispetto alla pessima gestione del fenomeno da parte di Joe Biden e, soprattutto, di Kamala Harris che era responsabile del relativo dossier.

Oggi, se in America qualcosa viene fatto, in Europa la situazione si sta facendo sempre più critica. Trump cita Londra, ma il problema è persino più serio in altre città dove il tentativo di imporre la sharia sta trovando sponda in alcune corti inglese

Trump non cita mai l’espressione sostituzione culturale, ma le sue parole ammoniscoino severamente rispetto a questo inaccettabile rischio che pare non essere più una teoria bislacca da complottista da bar.

Guerre

Su questo punto il POTUS infila il dito nella piaga di una evidente carenza delle Nazioni Unite che si trascina ormai da decenni: la incapacità dell’ONU di intervenire per prevenire o contenere i conflitti. Ad oggi cvi sono qualcosa come 59 conflitti aperti nel mondo e non viene fatto nulla, se non generici appelli cui – come Trump fa notare – non seguono azioni coerenti. Non esistono più azioni deterrenti delle Nazioni Uniti nè alcuna nuova missione di peace-keeping degna di questo nome. Di contro a questa inerzia e/o incapacità, Trump rivendica di aver posto fine a 7 conflitti pluriennali senza ricevere alcun supporto. Inutile dunque la retorica dell’importanza delle Nazioni Unite se poi queste non sono in grado di intervenire a causa di meccanismi vetusti e dei veti incrociati che derivano dall’attuale composizione del Consiglio di Sicurezza la quale riflette un assetto mondiale molto diverso dal 1948.

Dunque, oggi quale ruolo ha l’ONU se dal potenziale non si riesce mai a passare all’azione?

Una riflessione da cogliere nella prospettiva di ipoitizzare dei cambiamenti che potrebbero servire a mutare questo indirizzo.

Riconoscimento dello Stato della Palestina

Dei conflitti in corso è naturale che Trump si occupi di quello in Medioriente. E occorre dire che è l’unico – nel delirio pro palestinese che investe ormai nazioni e leader – che mantiene il punto su un principio di realtà che tanti paiono avere smarriti. Trump infatti cita il 7 ottobre riconoscendone la portata storica e il ruolo di punto di inizio imprescindibile per comprendere l’attuale situazione. Ciò, mentre tantissime nazioni si apprestano a riconoscere lo Stato di Palestina, del tutto indifferenti al fatto che parte di quel territorio è ancora in mano ad Hamas.

Trump è categorico: il riconoscimento della Palestina è un premio ad Hamas per ciò che ha compiuto mentre invece il tema dovrebbe essere altro, persio opposto

Obbligare Hamas a rilasciare gli ostaggi, tutti gli ostaggi. Il negoziato per il cessate il fuoco non può prescindere da questo elemento e bisogna rimarcare che i tentativi di addivenire a una soluzione è stata boicattata sempre e solo dall’organizzazione terroristica.
In questo Trump sottolinea l’ovvio, mettendo in fila fatti, ma in tempi di follia generalizzata, la verità diventa rivoluzionaria.

Conflitto Russia-Ucraina

Sull’altro conflitto che mediaticamente ha una rilevanza impattante sulle opinioni pubbliche e sugli organismi internazionali, il POTUS non può che dirsi deluso dalla Russia di Putin.
IL dato di fatto è che Putin ha perso clamorosamente l’opportunità che la Presidenza Trump poteva offrire anche alla Russia per uscire dal conflitto, senza ulteriori danni, economici, di immagine, e persino militare. Se Trump contava sul rapporto personale con il Presidente russo come leva per giungere a un accordo, non v’è dubbio che, sin qui, si è sbagliato. E, infatti sta correggendo il tiro.

In aula dice delle verità inconfutabili attaccando Cina e India che continuano a finanziare la Russia e persino paesi dell’Europa e della NATO che stanno continuando a fare affari col Cremlino su gas e petrolio finanziando il conflitto

In questo senso, gli USA sono pronti a imporre sanzioni drastiche nei confronti della Russia, ma l’Europa deve cessare un atteggiamento che si rivela contradditorio. Trump, infatti, definisce imbarazzante la prosecuzione dei rapporti tra Europa e Russia mentre a parole combattono Putin o gli impongono sanzioni. Urge dunque una inversione di tendenza prima di tutto commerciale, invece di sbandierare guerre improbabili per garantirsi consenso interno (il rifeimento è a Macron, naturalmente).

E, sullo sfondo il rischio è la proliferazione di armi bio-chimiche e nucleari. Armi davvero potenti che non dovranno mai essere utilizzate perchè il rischio è la fine del mondo

Pare dunque che, al di là delle solite strumentalizzazoini “Never Trump” il POTUS abbia ben chiaro quale sia la posta in gioco, tra la necessità di fermare Putin da un lato e quella di evitare un conflitto mondiale che sarebbe l’apocalissi dell’umanità.

Ma il cambio di passo su questo punto Trump lo fa registrare a margine dell’Assemblea ONU, quando inconitrando Zelensky ribadisce il suo appoggio a Kiev, e autorizza la distruzione di velivoli che sconfinino in territorio NATO.

Putin capirà l’antifona?

Lotta al traffico di stupefacenti
Uno dei punti salienti del programma di Trump che gli USA stanno portando avanti contro i cartelli di narcotrafficanti equiparati ai terroristi. Il carico di morte e sfruttamento connesso a questo traffico è un qualcosa che non riguarda solo gli USA, ma si estende potenzialmente a tutto il mondo.

La guerra ai trafficanti agevolato dal Venezuela di Maduro è una priorità per l’Amministrazione americana soprattutto a causa del fentanyl che, come sappiamo si sta espandendo in Europa e nel mnondo

Anche su questo, il vero destinatario dell’invettiva è la Cina, che si è inserita nel traffico delle sostanze stuipefacenti tracciando nuove rotte fin sui confini statunitensi. Il tema è sottovalutato nel dibattito pubblico e mediatico, ma è invece importante soprattutto per l’emergenza che in USA determinate sostanze stanno producendo.

Ambiente

Trump su questo è tranchant. Si schiera contro le energie rinnovabili intese come troppo costose e inutilizzate, l’utilizzo delle quali richiedono interventi troppo costosi da parte dello Stato a sostegno delle infrastrutture green. Ciò, che di fatto si traduce in una politica controproducente per gli stati. Trump evoca il pericolo della bancarotta citando il caso della Germania che, dopo i delirio dei governi rossoverdi sta tornando rapidamente indietro verso l’uso del carbone e soprattutto del nucleare preciso.
Più in generale, le follie green hanno devastato le economie europee. L’approccio ideologico manifestato in particolare nel primo mandato della Von der Leyen, hanno evidenziato finalità che mal si sposano con la tutela dell’ambiente e rischiano di impattare in modo devastante sul mondo produttivo. Il POTUS cita espressamente la finalità che ben lungi dal direzionarsi verso la protezione dell’ambiente, in realtà mirano a una redistribuzione delle risorse manifatturiere a favore di paesi che, paradossalmente producono green ma non usano il green, limitandosi all’esportazione. Il risultato è l’impoverimento dell’West e il contestuale l’arricchimento proprio dei paesi inquinanti. Primo fra tutti la Cina dove l’inquinamento prodotto si sposta fino ai territori occidentali che invece vengono sanzionati o limitati. Stesso discorso per l’immondizia prodotta altrove, sversata in mare, “che successivamente arggiunge le spiagge di Los Angeles”.

Ma Trump si spinge oltre. Quelli brevemente citati servono solo a evidenziare la grandissima truffa che sta dietro a tutto ciò. CIoè, il cambiamento climatico. In nome nel pericolo del surriscaldamento globale, infatti da decenni alcuni scenziati avevano profetizzato la distruzione della civiltà umana entro il 2000

E invece, siamo ancora qui! Ma le cose stanno andando diversamente. Oggi ci sono aree del globo dove le temperature si raffreddano, altre in cui invece le stesse salgono.Ma, con il concetto ampio di “cambiamento climatico” si vuole includere tanto l’abbassamento quanto l’innalzamento. Le tesi cui si sta riferendo Trump nella comunità scientifica esiste ma è minoritaria. Indubbiamente però l’approccio ideologico a questo tema ha provocato danni economici inerarrabili, mentre i benefici non si vedono. Insistere su questa via, porta al fallimento dell’Occidente e in particolare in Europa.

Come si può dedurre da queste poche righe, Trump ha spaziato su molti temi, ma si può riconoscer un filo conduttore al suo discorso, che dice molto sul metodo trumpiano. Il Presidente, prima di essere tale è un imprenditore.

Un uomo abituato a misurare le cose in termini di costi e benefici. Può piacere o no, ma questo è il metro con cui si muove e ricorrere a generici principi senza alcuna ricaduta pratica non ha alcun appeal per il POTUS e si sta dimostrando del tutto inefficace. Insistere su questa strada, può far indignare i progressisti, ma non risolve i problemi

Il mondo sta andando verso un nuovo ordine mondiale, in cui istituzioni sovranazionali elefantiache rischiano di riusltare vetuste e inutili. Questo è tanto vero per l’ONU quanto per l’UE ,ad esempio. L’alternativa è piangere in modo retropico sul mondo che fu, o adeguarsi a una realtà veloce che richiede risposte veloci. Questo il motivo per cui Trump, riferendosi all’ONU, parla di enorme potenziale che però rimane inespresso.
Si può concordare o meno con le tesi di Trump ma non si può negare il merito di aver affondato il coltello in ferite esistenti nell’attuale assetto mondiale, nel quale l’ONU spesso è stata più ostacolo che risorsa.

La posta in gioco è molto alta.
Si può denunciare il medico che ravvede la malattia, o cercare di curare l’infezione!

I progressisti naturalmente si stanno dedicando vigorosamente alla prima, mentre noi coltiviamo la speranza che qualcuno si voglia dedicare alla cura.

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