Ibrahimović positivo al Covid, va in isolamento. A scuola invece tutta la classe

zlatan ibrahimović

Zlatan Ibrahimović, attaccante del Milan. Una macchina da soldi, uno che da solo può vincere le partite. Adesso fa titoloni di giornale perché è risultato positivo al Covid. Addirittura, il suo essere spaccone e strafottente a tutti costi, lo ha portato a dichiarare sui suoi profili social:

“Ieri sono risultato negativo al Covid, e positivo oggi. Nessun sintomo o altro. Il Covid ha avuto il coraggio di sfidarmi. Pessima idea.”

Il personaggio deve sempre venire prima dell’uomo. Comunque c’è da dire che ha seguito tutta la procedura imposta dalle linee guida governative. Si è messo in auto isolamento (o quarantena) fino alla negativizzazione (parola orrenda da scrivere e pronunciare) del tampone.

Facciamo una piccola analisi: una squadra di calcio è composta da un nucleo di circa 28 giocatori. La loro età è mediamente di 25 anni. Pertanto come campione statistico su base Covid è poco rilevante perché più basso della media attuale di contagi. Quando un giocatore risulta positivo, va in quarantena. Gli altri no.

I giocatori fanno contrasti, sudano, fanno “aerosol” e quindi, almeno in teoria, sono vettori di contagio decisamente importanti. Però dalla loro hanno le sponsorizzazioni, le televisioni, le scommesse. Insomma fanno girare un pacco di soldi.

Se a scuola un bambino, dai 2 ai 18 anni, presenta sintomi Covid o viene trovato positivo al tampone, va in quarantena tutta la classe, gli insegnanti, i genitori, parenti fino al settimo grado, animali domestici e pure Zio Peppino, emigrato 65 anni fa a Detroit che non si sa mai.

Eppure più si abbassa l’età dei contagiati e minore dovrebbe essere la possibilità di trasmissibilità. O no?

Ci vogliono ignoranti ma divertiti. Lo inventarono gli antichi romani

Quindi mi chiedo: i bambini e la loro educazione vengono in secondo piano rispetto al gioco del pallone? È davvero più importante la partita che la cultura delle nuove generazioni? La scala dei valori mette la scuola in fondo alla catena alimentare?

Poi ricordo chi c’è al Governo e la risposta viene da sé.

La cultura, lo studio, amplia la mente. L’informazione reale crea pensieri autonomi e non vincolati. Una cosa pericolosissima di questi tempi. Già ai tempi dell’Antica Roma c’era l’utilizzo del panem et circenses per attuare strategie politiche demagogiche.

Meglio dare Ibrahimović in tv e alla Play, lobotomizzare la mente dei giovani in modo da renderli malleabili. Mandarli a scuola, a farsi una cultura (anche se troppo spesso strumentalizzata) col rischio che poi, crescendo, abbiano un pensiero proprio, sarebbe deleterio.

Poi la scuola non produce quattrini, il calcio sì. The show must go on.

 

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