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Home Economia

I ripensamenti della politica ESG

di Silvia Castellani
14 Maggio 2025
In Economia
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compito
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I ripensamenti della politica ESG

Spirano venti nuovi a livello politico ed economico globale. I dazi americano hanno scombinato gli equilibri internazionali

E con esso vi è necessità di ripensare a nuovi – più concreti – progetti di difesa geografica ed economica dei singoli paesi.

E’ urgente a Bruxelles una totale revisione in considerazione del “nuovo che avanza”, accantonando le rigide regole ESG che hanno coinvolto in maniera massiccia le aziende e i cittadini europei.

In primis il futuro della economia sostenibile. Fiumi di denaro hanno coinvolto ogni livello e attività per arrivare all’eolico e ai pannelli solari. L’utopia del green ha coinvolto (e sconvolto) industrie, enti pubblici e privati, cittadini che a vario titolo sono stati costretti a una – costosa- revisione dei piani industriali di investimento e a una modifica sostanziale delle proprie abitudini

Tutto in nome del “progresso” green, a spese dello sviluppo e dell’aumento del benessere generale. In cambio la – in-certezza di una salute migliore, di un possibile ambiente pulito. Ma quale certezza abbiamo di un reale mondo “Green” se tutte le politiche sono concentrare soltanto in Europa?

Quanto davvero soltanto il nostro continente può incidere nel benessere del pianeta Terra? E quali benefici ne possono trarre i cittadini europei in termini di lavoro, benessere e salute?

E’ questo il dibattito che è stato posto al Global Compact riunito all’ONU, composto da imprese che hanno discusso sul futuro sostenibile. Perché in realtà, a ben guardare, se le norme Green sono ben proposte(e non imposte) potrebbero portare vantaggi anche in termini economici, coniugando innovazione digitale e benefici in bilancio

Ma i termini dello sviluppo devono essere condivisi, studiati e formulati nella strategia delle singole aziende in una visione di crescita. Tradotto. Le norme ESG devono essere valutate singolarmente analizzando l’attività della azienda, le marginalità e capacità di avere benefici in bilancio, al fine di aumentare la competitività e lo sviluppo finanziario e patrimoniale.

E così’ deve avvenire anche nel comparto dei privati cittadini, dove non si deve costringere all’acquistare di auto elettriche e a modificare sostanziali delle abitudini, senza avere benefici alcuno in cambio

Politiche green quindi in ogni caso utili, ma non al momento, per la situazione internazionale, non di massima priorità. L’Europa, oltre alla propria difesa digitale e territoriale, deve adesso promuovere politiche a sostegno di aziende e famiglie.

In particolare la commissione europea è chiamata a trovare un punto di equilibrio fra le esigenze di un mondo non inquinato/inquinante e procedere alle crescita industriale. Il tutto puntando su una sostenibilità ecologica davvero sostenibile. Perché la capacità industriale va di pari passo alla crescita sociale e occupazionale.

Ne è un esempio l’industria dell’auto. Gli alti costi della produzione di macchine elettriche sta favorendo la desertificazione dell’industria auto in Europa, a scapito dei più dinamici mercati asiatici

L’Europa ha il dovere di mantenere alcuni settori strategici a livello di produzione e rilevanti dal punto di vista occupazionale per la stessa tenuta sociale ed economica del vecchio continente.
Mentre i tecnocrati di Bruxelles progettano nuovi espedienti per la promozione ESG, la Cina, gli Stati Uniti e altri Paesi Arabi hanno emanato nuovi piani, meno restrittivi e più funzionali alla produttività delle proprie aziende. L’Europa, ancora una volta rischia di rimanere indietro.

E’ urgente un cambio di direzione. E velocemente. Ma all’orizzonte al momento grandi cambiamenti in tal senso non si vedono. Si parla ancora di soldi, e tanti, per progetti Green, ormai superati nei modi e nei fatti. Perché ancora in Europa non si riesce, o non si vuole, collegare la dicotomia “crescita economica e transazione ecologica efficace”

Devono essere ricollocati in contesto europeo progetti non sotto il profilo ideologicamente politicizzato, ma più semplicemente sotto un profilo pragmatico.

Senza crescita non c’è sviluppo, e senza sviluppo non c’è benessere. Pure in ambito ecologico.

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